«Esproprio illegale», No Tav incatenati
Marisa Meyer ha posato borsa e stampella e si è incatenata alla recinzione del cantiere della Maddalena. Pensionata, 67 anni e grinta da vendere, è una delle proprietarie dei terreni espropriati ieri per consentire l’ampliamento dell’area, dove dovrebbero iniziare i lavori per il tunnel esplorativo di Chiomonte. Si è ammanettata durante le procedure, effettuate dai tecnici Ltf (società responsabile della parte transfrontaliera del collegamento), per l’occupazione temporanea delle 39 particelle di terreno. Operazioni illegittime secondo i legali del movimento, perché effettuate senza l’autorità competente, Rsi: «Il decreto è stato fatto da Rfi su richiesta di Ltf. Ma oggi Rfi non c’era. È come eseguire uno sfratto senza ufficiale giudiziario». Marisa si è legata a pochi metri dalla baita Clarea che sorge sul terreno di cui è proprietaria. È rimasta lì tre ore: «L’ho fatto perché questa non deve essere una zona militarizzata. L’operazione è una farsa perché abbiamo ricevuto le lettere il 2 marzo scorso ma già il 27 febbraio avevano recintato tutta l’area facendo un disastro».
È stata un’altra giornata di lotta in Val di Susa, protesta che si è estesa in tutta Italia, da Milano a Palermo. In Valle è stata occupata a oltranza l’autostrada A32 e la statale 24; a Chianocco e Chiomonte si sono svolti rumorosi presidi fuori dalle blindatissime reti. Gli espropri sono iniziati quasi all’alba tra il fango e la neve: ultima coda di un inverno che nel corso della giornata ha lasciato spazio al sole. Alberto Perino, accompagnato dall’avvocato Danilo Ghia, si è presentato ai cancelli del cantiere come delegato di Luca Abbà , proprietario di un terreno, ma ancora ricoverato in ospedale dopo la caduta dal traliccio. È salito a piedi lungo la strada dell’Avanà , rifiutando il trasporto sulla navetta Ltf: «Non mi faccio scarrozzare da lor signori». Al ritorno ha denunciato quella che considera una farsa: «Non esiste uno stato di diritto. Siamo andati sul terreno ma non l’abbiamo visto perché già chiuso dalla Prefettura». Le aree, accusano i No Tav, hanno subito modifiche e danni rispetto a quando erano state acquistate: «Quasi la metà dei 500 metri quadrati del terreno di Abbà – spiega l’avvocato Ghia – è stata occupata da una strada, il 20% è stato cintato per questioni d’ordine pubblico». Contestato il carattere temporaneo delle occupazioni: «Se così fosse Ltf svelerebbe di non voler realizzare l’opera, perché lì dovrebbe invece sorgere la galleria di servizio. In realtà , sono espropri definitivi e illegittimi, per un cantiere che non si sa quando inizierà e nemmeno quando finirà ». Procedure regolari, replica Ltf: «Rfi ha delegato Ltf a eseguire le procedure e comunque il personale che ha eseguito le procedure di occupazione temporanea è tutto di Rfi». I legali No Tav intendono presentare ricorso.
Nel tardo pomeriggio all’assemblea al blocco di Chianocco (in serata occupazione anche a Salbertrand per ostacolare il cambio turno delle forze dell’ordine) è salita la partecipazione, applauditissima Marisa Meyer. «Siamo soddisfatti di quello che abbiamo fatto. E abbiamo dimostrato di non essere soli in Italia», ha detto Perino. Chianocco, vicino a Bussoleno, è il paese degli scontri di febbraio. Uno dei luoghi simbolo di questa ventennale resistenza. Insieme a Giaglione, dove oggi si terrà un corteo contro l’amministrazione che vuole rimuovere il presidio locale. E a Susa, dove da poco è nato il presidio internazionale, perché nel piccolo capoluogo della valle è prevista la costruzione di una faraonica quanto fantomatica stazione internazionale. Lì vicino dovrebbe sbucare il tunnel di base della linea alta velocità Torino-Lione pronta a immettersi sui vecchi binari. Defunto di morte quasi naturale il corridoio 5 tra Lisbona e Kiev, smembrata la tratta tra Italia e Francia per farla sembrare più low-cost, pare che l’unico punto fermo della grande opera siano rimasti i 57 chilometri nella montagna, da Susa a Saint-Jean de Maurienne. Insomma, minimalisti ma ai trecento all’ora.
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