Le sfide del sindacato unito

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Queste parole vanno ascoltate e per quanto non facile, per il peso delle divisioni che vi sono state durante il governo Berlusconi e che tuttora permangono su molti aspetti delle scelte confederali, va riaperto il dibattito sul tema dell’unita. Lo richiede anzitutto la durata e la qualità  della crisi che attraversiamo, che è insieme finanziaria, monetaria, economica e sociale; e il rischio che corrono la nostra democrazia e la costruzione europea.
Nessuno sa, a distanza di quattro anni, come uscire dalla situazione in cui siamo, e dalle trappole che la caratterizzano. Avremmo bisogno di tregua da parte dei mercati e questa non ci viene data; avremmo bisogno di politiche per lo sviluppo per contrastare disoccupazione e crescita del debito, e questo è difficile farlo senza una diversa politica europea; avremmo urgenza di un’Europa che ritrovi il valore della solidarietà  comune, quella che è mancata nel caso della Grecia, e invece ogni Paese è portato a chiudersi in se stesso rispondendo alla propria opinione pubblica e illudendosi di potersi salvare da solo.
È insomma uno stato di incertezza quello che caratterizza il nostro presente, mentre i tanti che scommettono contro l’euro hanno giorno dopo giorno occasioni sempre più invitanti, come dimostrano le difficoltà  della Spagna. Per i lavoratori, i giovani, i pensionati, e anche per le imprese, i costi sociali che si stanno pagando sono enormi e soprattutto non si vede né una via di uscita a breve, né un motivo per rendere sopportabili sacrifici sempre più al limite. Anche le classi dirigenti sembrano smarrite, divise tra la volontà  di non far fallire la scommessa dell’euro e l’impossibilità  di convincere la Germania a cambiare logica e strumenti di intervento.
Fa parte di questo smarrimento l’ingenua pretesa che tocchi alla dimensione tecnica provare a risolvere quello che la politica non sembra in grado di risolvere; ma anche la pericolosa tentazione di considerare superati il ruolo dei partiti e la funzione della politica a fronte della portata di questa crisi. Come se vi potesse essere una democrazia senza politica e senza partiti. E va da sé che lungo questa deriva anche la funzione della rappresentanza sociale e dei corpi intermedi viene messa in discussione con il ridimensionamento di una decente idea di democrazia.
In questo quadro inedito e pericoloso, un sindacato consapevolmente di nuovo unito in ragione della portata epocale della sfida avrebbe di fronte tre campi di intervento: quello della pressione sulla confederazione europea dei sindacati, senza voce e troppo condizionata dalle scelte contraddittorie della Dgb, il sindacato tedesco; quello di ridare più fiducia e risultati a una rappresentanza sociale che si va scomponendo lungo i mille fili degli interessi e si va chiudendo in se stessa; quello di impedire che le difficoltà  delle sedi e dei soggetti della responsabilità  democratica travolgano il ruolo di tutti i soggetti collettivi, e dei valori loro propri, aprendo la strada a soluzioni autoritarie e populistiche. Naturalmente non basta la coscienza della delicatezza della fase storica per superare di colpo anni e anni di divisioni e di problemi. Ma certo questa può aiutare un percorso che tra alti e bassi, tanto più dopo la caduta del governo Berlusconi e l’aggravarsi della crisi, sta avvicinando le confederazioni. Prima della manifestazione di venerdì, altre iniziative di categoria e di territori hanno unito le strutture delle confederazioni, a partire dallo sciopero della Sardegna e la manifestazione dei lavoratori edili. Il prossimo primo Maggio sarà  unitario in tutta Italia e anche a Bologna dove l’anno scorso si celebrò sotto il segno della polemica e della divisione. E in due realtà  importanti come Bergamo e Napoli sono in preparazioni due scioperi generali unitari contro la crisi e per la difesa dell’occupazione.
Infine anche sul tema della verifica certificata della rappresentatività  si stanno
facendo dei passi decisivi. Altri temi e situazioni sono ancora alla ricerca di una difficile composizione unitaria; i rapporti alla Fiat, il rinnovo contrattuale dei metalmeccanici, il punto dolente della democrazia e della rappresentanza nei luoghi di lavoro e il lascito sciagurato di quel referendum che amputò colpevolmente quell’equilibrio voluto dallo statuto dei lavoratori. Lo stesso esito del percorso parlamentare sul mercato del lavoro a seconda del suo esito può pesare in un modo o in un altro sul rapporto unitario. Eppure la durezza della fase esige più unità  e più unità  del e nel mondo del lavoro. Quella stessa unità  che i sindacati nazionali hanno saputo ritrovare in tutti i Paesi al tempo della crisi e che per troppo tempo solo da noi non è stata possibile. Si può naturalmente non raggiungere questo obbiettivo, ma non c’è alternativa a impegnarsi fino in fondo e anche di più per provare a ottenerlo


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