Le sfide alla sinistra del governo ispirato dalla tecnocrazia europea

by Editore | 24 Aprile 2012 6:38

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Il quadro è definito nell’editoriale di Fausto Bertinotti, direttore della rivista. Tema: la «costruzione di un nuovo pensiero critico». Se il titolo è ambizioso, il ragionamento, incentrato sull’Italia ma condotto sullo sfondo della crisi globale, lo è ancora di più. Bertinotti commenta la risposta aggressiva – un «salto di qualità » – del capitale e del «governo costituente» di Monti (in linea con l’operato delle istituzioni europee, strutturate – osserva Franco Russo – per agire come un «dittatore benevolo»); focalizza il brutale attacco alle conquiste del lavoro (la «cartina di tornasole» dell’articolo 18); e ne sottolinea il tratto autoritario (la «non trattativa» con la controparte, sintomo di una incipiente «sospensione della democrazia»), nel quale la borghesia italiana dichiara la volontà  di assumere direttamente il controllo dello Stato (come – rilevano Francesco Garibaldo e Tiziano Rinaldini – non accadeva dai tempi della Destra storica). 
Di fronte a questo scenario e dopo aver ricordato le responsabilità  del centrosinistra (un tema – quello delle responsabilità  dei gruppi dirigenti – che avrebbe in verità  richiesto anche un passaggio autocritico, quale per certi versi compie Pierpaolo Leonardi riflettendo sulla fragilità  culturale della sinistra politica e sindacale italiana), Bertinotti ragiona sulle premesse necessarie per una risposta all’altezza dei tempi. Benché l’accento cada sulla esternità  del contropotere al «recinto» della politica; benché qua e là  affiori la tentazione di contrapporre il piano politico al terreno sociale (un po’ come avviene in taluni interventi del dibattito sul «nuovo soggetto politico» ospitato dal manifesto), ciò che conta nella sua proposta è una forte ispirazione unitaria. Il principale problema politico oggi all’ordine del giorno è correttamente individuato nella «costruzione del soggetto unitario dell’alternativa e del cambiamento». E precisamente questa istanza spinge l’analisi verso quel «grande tema della soggettività » al quale la rivista dedica una serie di interventi dichiaratamente teorici. 
Aprono questa sezione stralci del Manifesto del nuovo realismo di Maurizio Ferraris, al centro (come sanno i lettori di Alias) di un appassionato confronto. La tesi di Ferraris è nota (il postmodernismo ha trionfato nel populismo mediatico e in un «realytismo» contro il quale occorre «appellarsi alla realtà » riscoprendo il valore emancipatorio dell’ontologia, della critica e del programma illuministico), e varrebbe la pena di entrare nel merito delle sue considerazioni, in particolare per ciò che attiene a un tema – la demonizzazione della «totalità » – centrale nell’ideologia postmodernista (nella denuncia delle «grandi narrazioni», diretta essenzialmente contro Marx e la sua ascendenza hegeliana) e invece trascurato, ci sembra, dalle considerazioni critiche di Ferraris.
Seguono, «appunti e riflessioni» sulla Marx-renaissance, aperti da una puntuale rassegna di Alfonso Gianni sulla fortuna dell’autore del Capitale nell’arco dell’ultimo cinquantennio, attenta in particolare a taluni recenti sviluppi (Hardt-Negri, Bidet-Duménil) sullo sfondo dell’operoso cantiere della nuova Mega. Il commento più lucido a queste interessanti riflessioni ci pare quello di Marcello Musto, che, ragionando su «ricchezza e aporie dei marxismi eretici», osserva come «una vera riscoperta di Marx si realizzerà  solo quando una rinnovata domanda del suo pensiero sarà  avanzata anche dal versante politico». Insomma, di un vero ritorno di Marx si potrà  parlare quando a rileggerlo «non saranno solamente ristrette cerchie di studiosi, ma una nuova ondata di militanti, lavoratori e studenti»: coloro, cioè, ai quali era in effetti destinata la critica marxiana della violenza capitalistica.

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