Le misure scontano uno spread a quota 560 e il premier telefona al commissario Rehn

by Editore | 4 Aprile 2012 6:20

Loading

ROMA – Di buon mattino la prima reazione alla lettura del pezzo del Financial Times è un misto tra stupore e irritazione. A Palazzo Chigi suona subito l’allarme rosso per quella notizia che potrebbe destabilizzare (e vanificare) il lavoro del governo e i sacrifici degli italiani: secondo la Ue, l’Italia si deve tenere pronta a una nuova manovra in caso di aggravamento della recessione. Un rapido giro di telefonate tra lo staff del premier Monti e quello del ministero dell’Economia fa arrivare alla prima conclusione: nessuno nel governo ha mai visto il documento citato dal quotidiano della City. Parte quindi quella che gli uomini di Monti definiscono la strategia del damage limitation, la riduzione del danno. Lo stesso premier parla con i piani alti della Commissione Ue guidata da Barroso. Idem fa il viceministro all’Economia Vittorio Grilli. I due parlano anche con il commissario agli Affari economici Olli Rehn.
Si scopre che il paper citato da Ft non è un documento del Comitato economico e finanziario, gli sherpa che preparano le riunioni dell’Eurogruppo e dell’Ecofin, ma una semplice nota interna della Commissione scritta per tenere Rehn al corrente della situazione italiana in occasione del vertice dei ministri economici che si è tenuto venerdì a Copenaghen. Lo stesso Rehn al telefono garantisce agli interlocutori italiani che il suo portavoce nel consueto briefing di mezzogiorno della Commissione avrebbe preso le distanze dall’articolo. E così è stato. In effetti, sminuiscono dal governo, è abbastanza ovvio che se un nuovo cataclisma dovesse colpire l’Europa tutti dovrebbero fare i conti con nuove misure di austerity. Non a caso dieci giorni fa a Cernobbio Monti si era detto preoccupato per un eventuale contagio in stile greco, questa volta proveniente dalla Spagna. Ma gli scenari attuali dicono altro. 
L’assunto, così raccontano gli uomini chiave della politica economica dell’esecutivo, è che il Salva-Italia approvato a dicembre già  incorpora una serie di elementi negativi proprio per mettere al riparo il pareggio di bilancio nel 2013 da peggioramenti del Pil. La manovra si basava sui tassi di interesse di allora, quelli lasciati in eredità  da Berlusconi con uno spread a 560 punti, e non su quelli attuali di circa 250 punti inferiori. Già  questo dato dà  un margine di manovra consistente al governo, da sommare ai futuri proventi della lotta all’evasione. Il decreto assumeva poi una recessione di mezzo punto per quest’anno e una timidissima ripresa per il prossimo. In effetti i dati 2012 sono peggiorati, ma a Palazzo Chigi non ne fanno un dramma: «Certo non correremo dietro alla recessione come devono fare i greci. Noi, se anche se l’economia peggiora, non facciamo altre manovre recessive», è il ragionamento di chi ha evitato – fatto ineluttabile con Berlusconi – il default e l’ingresso forzoso in un programma di salvataggio Ue-Fmi che avrebbe tolto sovranità  al governo (vedi la Grecia). Insomma, anche se il Pil peggiora ancora (ora siamo intorno al -1%), spiegano dal governo, nel 2013 avremo un disavanzo allo 0,3-0,4% che depurato dal ciclo – dalla crisi come prevedono le regole Ue – equivarrebbe comunque a un pareggio di bilancio. Intanto per non correre rischi l’Italia lavora sui fondi salva-Stati: quello europeo (Esm) è stato portato a 800 miliardi giusto a Copenaghen, somma che non soddisfa Roma, ma che non può più essere messa in discussione. Ora si pressa sul G20 (ad aprile c’è quello dei ministri finanziari) perché anche l’Fmi aumenti i suoi fondi (almeno 750 miliardi) per limitare i rischi di un contagio iberico.

Post Views: 177

Source URL: https://www.dirittiglobali.it/2012/04/le-misure-scontano-uno-spread-a-quota-560-e-il-premier-telefona-al-commissario-rehn/