«Basta con i demiurghi. Confido nei movimenti, non nei politici»

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Il rettore dell’università  dell’Aquila, Ferdinando Di Orio, non ama i giri di parole e non ha mai avuto remore a schierarsi controcorrente. Fu tra i pochi, per esempio, ad opporsi al progetto berlusconiano di spostare nel teatro del terremoto il summit G8 del 2009. E con lo stesso spirito qualche giorno fa ha scritto al presidente della Crui, Marco Mancini, per opporsi alla decisione del Miur che, in attesa di concludere la fase di approvazione degli statuti degli atenei, proroga di un anno il mandato dei rettori che come lui sono in scadenza. «Vorrei evitare di alimentare – ha scritto, in sostanza – quella rappresentazione malevola e tendenziosa dei rettori italiani aggrappati al potere e intenti ad escogitare ogni più subdolo e meschino espediente pur di mantenere sine die il loro ruolo». 
Quindi lei preferirebbe concludere qui il suo mandato. Sono stati tre anni difficili…
All’indomani del sisma avevamo tutte le strutture inagibili e quelle del centro storico distrutte. Eppure non ci siamo mai fermati. Abbiamo fatto esami nelle tende e in mezzo al fango, perfino utilizzato una struttura inagibile per non saltare l’anno accademico che è ripartito regolarmente il 18 ottobre 2009. Oggi il percorso di ricostruzione è ancora tutto il salita. Abbiamo preso stabili in affitto, onerosi, perché nessuno ci ha regalato niente. Abbiamo messo gli studenti in capannoni industriali riadattati e solo a ottobre inaugureremo una nuova facoltà  di Lettere in pieno centro storico, ma era in ristrutturazione già  prima del sisma. 
Cosa è mancato di più, all’università ?
Si è fatto troppo poco riguardo il diritto allo studio: mancano residenze per studenti, mense, e i posti letto in affitto costano troppo. È quasi un miracolo se ancora ci sono 25 mila iscritti, mentre in tutte le università  italiane il numero di studenti diminuisce. Sono eroi, questi studenti fuori sede, perché è estremamente difficile vivere in una città  che è tragicamente morta sotto le macerie. La cosa positiva sono i due accordi di programma con il Miur grazie ai quali avremo l’esonero dalle tasse fino al 2015. Per quanto riguarda i fondi che dovevano essere erogati per la ricostruzione ci sono state lentezze che potevano essere evitate. 
L’Aquila tornerà , secondo lei, ad essere quel centro culturale che era una volta?
Mi auguro di sì ma non sono soddisfatto di quello che si è fatto in questi anni. Abbiamo visto di tutto, posizioni ondivaghe, oscillanti. Ne hanno fatte di tutti i colori; i cittadini sono stati presi in giro in modo pazzesco e non si è ricostruito niente. Non si va da nessuna parte se non si toglie la patina di sensazionalismo e non si va al cuore dei problemi. Per quanto mi riguarda, la fiducia che ponevo nelle istituzioni ora la metto nei movimenti dal basso. Mi auguro che queste sentinelle che abbiamo all’Aquila saranno sempre più attive. Sono loro il nostro futuro.


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