Lavoro, “la riforma cambi o non la votiamo”

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ROMA – Il governo punta all’approvazione veloce, ma la partita da giocare sulla riforma del lavoro si complica: gli emendamenti presentati al testo varato dal governo sono ben 1.048 e il Pdl ha giù messo sul piatto la sua richiesta tranchant: senza «cambiamenti sostanziali non lo voteremo». Ieri, alla Commissione lavoro del Senato è iniziata l’illustrazione delle variazioni richieste, ma l’inizio delle votazioni – inizialmente previsto per il 30 aprile – sembra destinato a slittare al 2 maggio. La valanga degli emendamenti va dalle revisioni sulla parti riguardanti l’articolo 18, alla richiesta del Pd di modificare le regole sulla rappresentanza sindacale per favorire l’ingresso nelle fabbriche delle sigle «più rappresentative» anche se non hanno firmato un contratto: il caso della Fiom esclusa dagli stabilimenti Fiat. Ma il percorso è in salita: «Molte cose vanno cancellate, altre vanno corrette.

Il governo non potrà  contare sull’appoggio del Pdl se insiste su norme che distruggerebbero occupazione» ha precisato Gasparri, capogruppo Pdl al Senato. Le modifiche che il Pdl chiede non sono da poco, visto che un emendamento presentato dall’ex ministro del Lavoro Sacconi punta ad abolire la norma che pone dei paletti sull’utilizzo dei contratti a termine.

Un passo avanti è stato invece fatto sulla questione esodati. E’ stata fissata la data del vertice fra ministero del Lavoro e Cgil, Cisl, Uile Ugl: s’incontreranno mercoledì9 maggio. Una convocazione arrivata dopo lunghe sollecitazioni da parte di tutte le sigle e dopo una lettera del ministro Fornero che annunciava la «chiamata», ma non ne fissava il giorno. La materia è incandescente: solo poche ore prima della convocazione arrivata via telefono, il leader della Cisl Raffaele Bonanni aveva lasciato intendere che senza una comunicazione da parte della Fornero – i sindacati avrebbero chiesto un intervento del presidente della Repubblica.

La questione riguarda quei lavoratori che, grazie all’allungamento dell’età  pensionabile, rischiano di restare senza reddito.


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Ce lo ripetono in tutte le salse: l’economia italiana per riprendere amarciare ha bisogno di semplificazioni. Bisogna ingaggiare una guerra senza frontiere alla burocrazia. Troppi lacci e vincoli frenano la ripresa, troppe tasse gravano sulle imprese, troppi controlli «rallentano la catena della produzione di valore». Così parlano gli imprenditori e il loro cavalier servente di turno al governo prende appunti e fa scempio non della burocrazia, ma delle norme che tutelano chi lavora.

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