L’Argentina mostra i muscoli ai nuovi conquistadores

by Editore | 18 Aprile 2012 7:31

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MADRID — «Ributtiamo a mare i nuovi Conquistadores». «L’Argentina agli argentini». La nazionalizzazione della petrolifera Ypf, filiale della spagnola Repsol, ha scatenato l’Argentina più nazionalista e risvegliato rancori post coloniali. Da finanziario-politica la sfida è tracimata tra la gente. 
A Buenos Aires, gli argomenti della presidente Cristina Kirchner hanno fatto breccia. Il Paese sembra seguirla nel pericoloso sentiero dell’Argentina-contro-tutti. La Repsol è accusata di usare la Ypf come un bancomat per mantenere alti i profitti in un momento in cui dall’Europa non viene nulla di buono. «Così facendo la proprietà  spagnola danneggia l’interesse nazionale e il futuro stesso dell’Argentina», ha detto la «presidenta», già  alla sua seconda, trionfale, rielezione. La Repsol, secondo Kirchner, non investe in ricerca, ha chiuso 3 mila distributori e la produzione di greggio è costantemente calata da quando, 14 anni fa, la compagnia spagnola ne ha acquistato il controllo per 13 miliardi di euro. Ma, soprattutto, dicono analisti indipendenti, ha scoperto un giacimento di petrolio e gas che potrebbe rendere l’Argentina un grosso esportatore. La Ypf è già  oggi la prima azienda del Paese, principale contribuente del fisco, con circa 5 miliardi di euro, e 46 mila dipendenti diretti e indiretti. Con il nuovo giacimento garantirebbe gli stipendi argentini per qualche generazione.
«I neo Conquistadores», si legge in centinaia di blog latino americani da Rio de Janeiro a Bogotà , sono piombati sul sub continente americano nel momento della crisi, si sono comprati le imprese più redditizie e ora mungono utili (più che i principali, gli unici, visto la crisi europea) proprio dal Sud America.
L’orgoglio argentino condito dal populismo, si incarna periodicamente in una politica muscolare che a volte costa cara, a volte, invece, rende molto bene. Trent’anni fa vi fu la guerra con Londra sul controllo delle isole Malvinas (Falklands per la Gran Bretagna). Guerra vera, con bombardieri e mezzi da sbarco. L’Argentina perse e cadde la dittatura militare. Undici anni fa, però, un’altra prova di forza andò molto meglio per gli argentini e male per il resto del mondo. Era il bidone dei «Tango Bond». L’Argentina dichiarò fallimento, evitò le cure d’austerità  che sta sperimentando il Sud Europa e fece cadere il costo del proprio debito sui risparmiatori stranieri, migliaia di italiani inclusi.
Nel 2009, la nazionalizzazione delle Aerolineas Argentinas. Al timone del Paese c’era già  la vedova Kirchner. Vista con gli occhi di oggi è stata una prova generale del maxi esproprio di oggi. La compagnia spagnola Iberia aveva investito 2,1 miliardi nella flotta aerea argentina. Tutti svaniti nei meandri di processi non ancora terminati. Sia nel caso degli aerei sia nel caso dei pozzi petroliferi se il gioco privatizzo-nazionalizzo andasse in porto sarebbe un affare colossale. Prima l’Argentina ha messo le sue aziende statali in Borsa incassando i miliardi della privatizzazione e poi (meno di 15 anni dopo) le ha nazionalizzate senza restituire un centesimo. La rivincita della Politica sui Mercati? Pare più un comportamento da rivoluzionari, ce lo si aspetta dal Venezuela di Chavez, non dalla compassata e borghese Argentina.
La Spagna, questa volta, non intende subire in silenzio. Il governo di Madrid dice che «l’amicizia è rotta» e assicura che la reazione arriverà  presto e sarà  durissima. Nel pieno della peggior crisi economica dal dopo guerra, un tale colpo ad una delle poche multinazionali spagnole fa male. La Ypf era il gioiello più prezioso della corona Repsol. Garantiva due terzi della produzione di greggio e un quinto degli utili. Margini di trattativa ci sono. Ma il percorso è a rischio.
Il commento più spiritoso, è arrivato dalla Rete. «Loro nazionalizzano la Ypf? E noi nazionalizziamo Leo Messi», il Pallone d’oro del Barcellona che in Spagna fa meraviglie e quando gioca con la maglietta bianca e azzurra della nazionale argentina pare uno qualunque.
L’Unione Europea è mobilitata. Ha rimandato a data indefinita due riunioni con la diplomazia argentina per firmare un trattato economico. Il Parlamento europeo ha deciso di includere la sfida della Kirchner nell’ordine del giorno della riunione plenaria di oggi. La «ministro degli Esteri» dell’Ue, Catherine Ashton, ha dato «pieno sostegno alla Spagna» e ha assicurato che «tutte le opzioni sono possibili» contro il «grave segnale arrivato dal governo di Buenos Aires che porta incertezza per tutti gli investimenti stranieri» in Argentina. Buenos Aires «deve assicurare di ottemperare gli impegni internazionali a protezione degli investimenti esteri» ha detto la rappresentante europea per la politica estera. Al contrario la Kirchner nel suo proclama sulla bontà  della nazionalizzazione, ha parlato anche degli «investimenti nelle telecomunicazioni e nelle banche».
In Argentina hanno forti interessi anche altre multinazionali spagnole, da Telefonica alle banche Santander e Bbva. Esattamente quei «Conquistadores finanziari» che la Kirchner vuole ributtare a mare.

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