Lampedusa, un’altra strage in mare: 10 morti
LAMPEDUSA – Ancora una tragedia della disperazione nel Canale di Sicilia. Erano in 58 a bordo di un gommone partito da una spiaggia al confine tra la Tunisia e la Libia nella notte tra venerdì e sabato scorsi, dieci di loro sono morti, caduti in mare e annegati durante la traversata. Questo il drammatico racconto fatto dai superstiti, quasi tutti eritrei e somali, tra cui 12 donne (tre incinte), soccorsi su un gommone alla deriva a circa 60 miglia a sud di Lampedusa dalla nave “Orione” della Marina militare e dalle motovedette della Guardia Costiera.
L’intervento dei mezzi della marina è scattato dopo che uno degli extracomunitari a bordo della carretta del mare ha lanciato un sos con un telefono satellitare. I migranti sono stati raggiunti dopo alcune ore: i militari italiani hanno agganciato il gommone che ballava sulle onde rischiando di ribaltarsi per le condizioni del mare forza 4. Una volta trasferiti a Lampedusa agli operatori umanitari e agli investigatori hanno raccontato la tragedia che si è consumata durante la traversata con dieci connazionali finiti in fondo al mare.
«Sono morti alcune ore dopo che il gommone aveva lasciato la spiaggia da dove eravamo partiti – ha detto un profugo – un’onda ha fatto saltare in aria il gommone e molti sono finiti in mare. In dieci sono scomparsi…». Sei somali e quattro eritrei. A Lampedusa gli altri immigrati sono rimasti solo alcune ore perché dall’estate scorsa (da quando un incendio ha distrutto il centro di accoglienza) non c’è la possibilità di ospitarli, così sono stati trasferiti con un traghetto verso Porto Empedocle.
Inevitabile l’apertura di un’inchiesta da parte della procura di Agrigento che dovrà registrare un’ennesima strage nel Canale di Sicilia dove le vittime ormai si contano a migliaia. Quel che si teme è che, stando alle segnalazioni dei nostri servizi segreti, con l’arrivo del bel tempo le traversate dalle coste libiche e tunisine verso Lampedusa possano riprendere con il ripetersi di morti e di drammi.
L’ultimo allarme era scattato solo due settimane fa: il 17 marzo gli uomini della Guardia costiera avevano visto cinque cadaveri su un gommone in avaria soccorso al largo delle coste libiche. Qualche giorno dopo quando i 52 superstiti sono stati trasferiti al Centro per richiedenti asilo di Mineo hanno spiegato che altre 4 persone erano finite in mare dopo che un’onda aveva investito la loro imbarcazione.
E per impedire che l’esodo continui anche nei prossimi mesi, ieri il ministro dell’Interno, Anna Maria Cancellieri ha incontrato a Tripoli il primo ministro, Abdel Rahim Al Kiib, il ministro degli Affari Esteri, Ashour Ben Khayal e il ministro dell’Interno, Fawzi Al-Taher Adulali. «La missione in Libia, la prima di un ministro dell’Interno europeo dopo la rivoluzione, è stata l’occasione per l’avvio di una nuova fase di cooperazione tra i due Paesi soprattutto con riferimento al settore migratorio e alla lotta alle organizzazioni criminali che sfruttano le condizioni di bisogno dei migranti» rende noto il Viminale. Nel corso dei colloqui è stata sottoscritta un’intesa che prevede «iniziative di collaborazione in materia di sicurezza ed in particolare nel contrasto alle organizzazioni criminali che gestiscono il traffico dei migranti e di formazione per le forze di polizia, per il controllo delle coste e il rafforzamento della sorveglianza delle frontiere libiche, per favorire il rientro volontario dei migranti nei paesi di origine e per la realizzazione di un sistema di gestione dei dati per l’anagrafe civile».
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