L’altra gauche e Hollande «Vogliamo uscire con lui dall’incubo sarkoziano»

by Editore | 27 Aprile 2012 8:32

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Le due gauches alla prova dell’unità . Unite nella differenza. Unite per evitare che all’Eliseo torni un «Sarkozy lepenista». Senza rinunciare alla propria alterità  rispetto alla «sinistra morbida» di Franà§ois Hollande. Il ballottaggio visto dalla gauche radicale. «Il 6 maggio può essere il giorno della grande disfatta della destra: di quella liberista, del rigore a senso unico, della mattanza sociale, e della destra razzista, xenofoba di Marine Le Pen. Per questo ho rivolto un appello a tutte le donne e gli uomini che al primo turno hanno sostenuto le ragioni del Front de Gauche, di votare per il candidato socialista, Hollande. Per tutte quelle e tutti quelli che amano il nostro Paese, che in questi cinque anni hanno duramente sofferto per la politica di Nicolas Sarkozy nel vedere come questa ha indebolito, impoverito, rovinato la Francia i risultati del primo turno delle elezioni presidenziali suonano come un appello a mettere tutto l’impegno possibile per battere il presidente uscente».
Parole chiare, indicazioni importanti sono quelle di Pierre Laurent, segretario generale del Pcf, uno dei leader del Front de Gauche. «A nome del Partito comunista francese ho fatto appello alla più larga e forte unione possibile di tutta la sinistra, di tutto il nostro popolo, per battere Nicolas Sarkozy, votando per il candidato socialista Francois Hollande. La sconfitta del presidente uscente dovrà  essere ampia, chiara e netta, e noi metteremo tutte le nostre forze per concretizzarla», ribadisce a l’Unità  il leader del Pcf. «La destra e l’estrema destra non passeranno – aggiunge deciso -. La Francia non merita altri cinque anni all’insegna di questo incubo». Le considerazioni di Laurent confermano quanto emerge dai sondaggi successivi al voto del 22 aprile: oltre i quattro quinti degli elettori di Jean-Luc Mélenchon (il numero uno del Front de Gauche, 11,10%, 3.887.639 voti al primo turno)) non ha dubbi sul voto ad Hollande.
Un sostegno che non vuol dire fare compromessi sui punti cardine del programma della guache radicale, in particolare nel campo economico e sociale: aumento del salario minimo da 1.100 a 1.700 euro, ripristino dell’autorizzazione amministrativa ai licenziamenti, rimborso al 100% di tutte le spese mediche e farmaceutiche, pensione a 60 anni, regolarizzazione di tutti gli immigrati irregolari, confisca totale della quota di reddito superiore a 360mila euro, raddoppio della spesa pubblica per la ricerca. «Scegliere Hollande al ballottaggio non significa annacquare le differenza e scendere a compromessi che alterino un punto di vista di radicale alterità  rispetto alla stato di cose esistente o un cedimento al pensiero unico», riflette Ignacio Ramonet, ex direttore di Le Monde diplomatique, uno dei mille intellettuali francesi che hanno sottoscritto un appello al voto per Melénchon. «L’alternativa fra l’austerità  e la vita si pone. O ci pieghiamo davanti al bisogno del capitale di ingrandirsi e lasciamo la mano all’oligarchia, oppure prendiamo un’altra strada, restauriamo l’implicazione popolare e i suoi valori di giustizia sociale e di uguaglianza. Ogni compromesso non è in sé da rigettare. Ma l’ora non è ancora quella del compromesso, questa è l’ora del confronto e dello scontro di progetti, di visioni. Anche se questo non impedisce di scegliere il 6 maggio per “il male minore”: Francois Hollande», rimarca l’ex-vice sindaco di Parigi e femminista Clémentine Autain.
«Il sarkozyismo è l’affermazione di un nuovo “valore” della disuguaglianza, estraneo alla cultura francese, e la individuazione di capri espiatori (immigrati, giovani, disoccupati) come responsabili della crisi», afferma Emmanuel Todd, tra i più autorevoli storici e sociologi francesi. «Scegliere la diseguaglianza come elemento fondante della destra libera lo spazio per una sinistra che riafferma il principio di uguaglianza. L’uguaglianza è il cuore della cultura francese, uno scontro tra uguaglianza e diseguaglianza è equivalente a uno scontro tra normalità  e patologia». «Certo sottolinea ancora lo storico le proposte del Ps alla crisi sono ancora troppo legate ad una vecchia cultura industrialista, tuttavia, l’allineamento con il rigore tedesco sostenuto dalla Ump (il partito di Sarkozy, ndr), oltre che colpire pesantemente i ceti più poveri e la classe media, è garanzia di una lunga depressione. La crisi richiede risposte nuove che non è realistico fare in campagna elettorale. La chiave è scegliere le migliori proposte in campo per i loro valori e le forze sociali che rappresentano. Ecco perché preferisco Hollande, che è tornato al principio di uguaglianza contro Sarkozy che sempre più tende nella sua rincorsa all’elettorato del Front National di Marine Le Pen a rappresentare una destra autoritaria e xenofoba; una destra che fa della disuguaglianza un principio fondante della propria identità  e del proprio programma di governo».
Un voto utile al ballottaggio. È quello prospettato anche dalla candidata dei «Verts» (Verdi) alle presidenziali, Eva Joly (2,26%, 791.050 voti): «Non posso che ripeterle dice Joly a l’Unità  quanto ho affermato in campagna elettorale e subito dopo la chiusura delle urne: intendo fare il possibile per far uscire la Francia dal sarkozysmo». E questo impegno si traduce oggi in una indicazione chiara: il 6 maggio al voto, per Franà§ois Hollande.

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