L’esercito degli “ultimi” senza più certezze
E’ diffusa, tra gli italiani, la sensazione di essere scivolati verso il basso della scala sociale. Ma c’è un aspetto ancor più drammatico che emerge quando approfondiamo i dati della 33 sima rilevazione dell’Osservatorio Demos-Coop, dedicato al lavoro e all’economia, in tempi difficili. A soffrire in misura maggiore di questa perdita di posizione sono coloro che già si percepivano ai margini della scala sociale. Si tratta degli “ultimi”, persone già in affanno, che sono scivolati ulteriormente.
E’ una componente considerevole della società italiana: il 40% circa della popolazione. Ritengono che la loro famiglia appartenga ad una classe sociale bassa o medio-bassa e dichiarano che la situazione economica personale è peggiorata negli ultimi due anni. Tra di loro, afferma di vivere una situazione peggiore l’81%: quasi tutti. In prevalenza donne; persone di età centrale (45-64 anni), con bassa scolarizzazione; residenti nel Sud, operai e lavoratori autonomi, oltre a categorie fuori dal mercato del lavoro (casalinghe, disoccupati e pensionati). Hanno recentemente vissuto in famiglia esperienze difficili in rapporto al lavoro e all’economia, e si caratterizzano per avere opinioni un po’ diverse dalla media degli italiani. Nelle loro famiglie, infatti, più che nelle altre, nel corso dell’ultimo anno vi sono persone che hanno perso il lavoro, sono finite in mobilità , in cassa integrazione. Oppure, è stato loro ridotto l’orario lavorativo (quindi lo stipendio). Più frequentemente della media hanno cercato un’occupazione, senza trovarla.
Per tirare avanti hanno eroso i risparmi e/o chiesto prestiti, nel 57% dei casi, contro il 42% del dato generale. Gli “ultimi”, attualmente occupati, hanno lavorato meno regolarmente degli altri cittadini e sono più stressati dall’idea di avere un posto a rischio; lo ritengono sicuro solo nel 48% dei casi. Per questo nella loro personale agenda politica spicca come priorità il problema disoccupazione. Fanno registrare una maggiore aspirazione ad un lavoro pubblico, che tradisce una diffusa domanda di sicurezza. E sono più disposti a fare un lavoro che non piace, purché dia loro garanzie (62% contro il 55%). Dunque, gli “ultimi” sono fortemente angosciati da un sentimento di incertezza nel futuro, personale e delle loro famiglie. Tanto che non sono disposti a fare progetti di vita impegnativi, perché considerati troppo a rischio (69% contro il 59%). Questo sentimento di incertezza si riflette sugli orientamenti di tipo sociale e politico. Mina la fiducia interpersonale: sono più diffidenti verso gli altri (77% contro il 73%). E meno integrati politicamente: i livelli di interesse per la politica sono più bassi. Fanno poi registrare una maggiore difficoltà ad identificarsi in un partito o nelle posizioni ideologiche di sinistra, centro o destra. Inoltre, il grado di insoddisfazione verso il premier Monti è più elevato della media: segna il 70% degli “ultimi”.
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