La vittoria che apre un boulevard all’alleanza di centrosinistra

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«Mélenchon è bravissimo» ma ha «un’idea di nazionalismo di sinistra che fa a cazzotti con il nostro progetto di federalismo europeo. E noi siamo convinti che per cambiare il segno delle nostre politiche economiche la strada non possa che essere quella di un’altra Europa». Gennaro Migliore, il vendoliano piazzato sul fronte esterno a tessere l’avvicinamento di Sel al Pse, spiega così una cosa che a prima vista in Italia stona. E cioè che per l’Eliseo Sel tifa per Francois Hollande. E non per quel gauchista composto e già  ministro di Jospin di Jean Luc Mélenchon. Che predica la tassazione al 100 per cento dei redditi sopra i 300mila euro – roba che qui si chiamerebbe «confisca» – e la fondazione della Sesta Repubblica per cancellare per sempre l’ultrapresidenzialismo sarko-berlusconiano. 
Perché l’hollandianissimo Bersani intenda,Vendola lo ripete ogni volta che può: «Se fossi in Francia sarei un militante forsennato di Hollande». Migliore era a Parigi al lancio del «manifesto per il nuovo rinascimento per l’Europa» firmato da Bersani, Hollande e Gabriel (Spd tedesca). Ma il giorno dopo ha curiosato nella manifestazione del Front de gauche, a piazza della Bastiglia. «Si aspettavano 40mila persone, ne sono arrivate il triplo. Non lo voterei, anche se ha già  detto che al secondo turno i suoi voti andranno al candidato Ps. Ma ben venga il suo successo: nel 2002 la competizione si svolgeva al centro. Stavolta la sfida con il Front sta spingendo anche Hollande più a sinistra». 
Hollande è uno dei partner europei di Bersani. Ed ecco che la via di Parigi – magari in combinato con le amministrative del 6 maggio, stessa data del secondo turno delle presidenziali di Francia – potrebbe trascinare il Pd, a scegliere la coalizione a sinistra con Sel e Idv in vista del 2013. 
Da cui si tira invece fuori Paolo Ferrero, con il Front de gauche «al 300 per cento». Ha fatto persino un appello al voto, «la cosa giusta per aiutare anche gli operai italiani, quelli spagnoli e quelli portoghesi. Perché in tutta Europa le classi dirigenti stanno distruggendo lo stato sociale, attaccando i salari, riducendo la democrazia». Dove per «classi dirigenti» intende anche il Pd che appoggia i ‘tecnici’. «Per quanto il Ps sia moderato, certo non lo è come il Pd, che manomette l’art.18 e fa arrivare Monti dove non era arrivato Berlusconi». A onor di cronaca, sull’art.18, l’analisi di Vendola è la stessa. 
Bersani, certo, tifa per il candidato Ps. Anche se dalla Francia la scorsa settimana gli è arrivata una riservatissima ambasciata affinché non creda che la vittoria significhi un vero cambio di marcia su fiscal compact e politiche economiche europee. Cosa che, altrettanto riservatamente, può rivendersi ai centristi di casa sua, preoccupati dagli accenti anti-montiani del manifesto parigino. E schierati con il moderato Bayrou. Per la gioia dei laburisti del Pd. Un conflitto interno che affiorerà  o si assorbirà  a seconda della legge elettorale con cui si andrà  al voto. 
Intanto cerca di condurre la nave senza scossoni. Così giovedì, di fronte ai parlamentari di mezzo mondo – per lanciare «un movimento progressista globale» di «socialisti, democratici e liberaldemocratici» in cui appunto non si sentano ospiti «tollerati» i suoi ex dc – è arrivato a assicurare che da domenica in tutta Europa anche i conservatori voteranno per i candidati progressisti: «Perché hanno capito che i governi conservatori sono prigionieri dell’ideologia che porta tutti al fallimento. Ma che non sono in grado di cambiare»


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