LA SPERANZA SPEZZATA

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Come se il loro “essere già  qui” e il loro “non essere ancora” costringa gli embrioni a restare nel limbo dell’incertezza. Non perché nessuno si esprima. Al contrario. Di punti di vista ce ne sono fin troppi. Solo che la maggior parte delle posizioni che vengono avanzate e difese sono talmente ideologiche che non permettono poi al dialogo di instaurarsi. Ecco allora che, da un lato, ci sono tutti coloro che, partendo dall’evidenza biologica che la vita comincia al momento della fecondazione, difendono poi la sacralità  degli embrioni: si tratta già  di “persone” e, in quanto tali, devono essere protetti e difesi.È la posizione ufficiale della Chiesa secondo cui la vita umana deve essere rispettata sempre e comunque, fin dall’inizio, ancor prima che l’embrione diventi feto, e quindi a maggior ragione prima della nascita. Il che spiega naturalmente non solo l’opposizione ad ogni forma di sperimentazione scientifica sugli embrioni, ma anche le prese di posizione estremamente critiche nei confronti dell’aborto. Dall’altro lato, all’estremo opposto, c’è la posizione di alcuni “neo-kantiani” che pensano invece che, per essere una persona, il criterio biologico non sia né necessario né sufficiente: per parlare di “persona”, bisogna prima accertarsi dell’esistenza di capacità  razionali e relazionali; non si nasce autonomi, ma lo si diventa.

Con tutte le conseguenze problematiche che ne derivano. Che dire infatti di tutti coloro che, a causa di un grave handicap, non saranno mai capaci di sviluppare adeguatamente la propria razionalità  o non accederanno mai all’autonomia morale? Ma forse il problema che pone l’incidente all’impianto di azoto liquido dell’Ospedale San Filippo Neri, e che ha portato alla perdita di quasi un centinaio di embrioni, va al di là  delle polemiche teologiche, filosofiche e giuridiche sullo statuto dell’embrione.

Perché in questo caso specifico si tratta di embrioni che erano stati congelati per poi essere trasferiti nel corpo di una donna. Si tratta, quindi, di un “materiale biologico” che rientrava direttamente all’interno di un progetto familiare; di embrioni che erano lì perché alcune coppie sterili volevano avere un figlio e avevano intrapreso un percorso – che non è né facile né indolore – di inseminazione artificiale. Che dire allora a tutte queste coppie che hanno perso i “loro” embrioni? Che si è trattato di un terribile incidente ma che, in fondo, non è poi così grave perché il “materiale biologico” lo si può di nuovo raccogliere, organizzare e congelare? Per una coppia che desidera avere un figlio, un embrione in attesa di essere trasferito nel ventre materno rappresenta già , almeno da un punto di vista simbolico, il bambino tanto atteso. Anche se si tratta ancora solo di un embrione, è carico di aspettative e porta con sé tanti sogni. Certo, non si trova ancora nel corpo di una donna. Forse non sarà  mai impiantato. La vita è iniziata da poco. Ma per chi ha fatto di tutto perché sia lì, per un uomo o per una donna che si sono già  sottopostia molti trattamenti farmacologici,è tutt’altro che un banale “materiale biologico”. È l’inizio della speranza. E la speranza non è facile da risarcire.


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