by Sergio Segio | 24 Aprile 2012 6:30
Altrimenti viviamo nella schiavitù dei mercati: quando crollano è come se chiedessero austerità , i governi magari ubbidiscono e poi dopo un po’ di tempo i mercati si accorgono che senza crescita le imprese non possono creare ricchezza, e allora i mercati crollano di nuovo. Tutto questo peraltro va nell’interesse degli speculatori: finché ci sarà questa volatilità esisteranno sempre ampie possibilità di guadagni per chi gioca con freddezza e spregiudicatezza sui mercati.
Il problema insomma non è Hollande. Va anche detto che pure Sarkozy negli ultimi tempi ha preso le distanze dalla rigidità della Merkel, l’asse franco-tedesco dava parecchi segnali di scricchiolio. Al punto che ora non so quanto il rinnovato appoggio della Merkel all’attuale presidente possa dirsi benaugurale: ho l’impressione invece che finirà col sottrarre voti a Sarkozy, una specie di consenso avvelenato, perché la Merkel sarà anche stimata dalle classi dirigenti ma non ha più un vasto consenso popolare, tantomeno in Francia. E quello che conta in un’elezione è il voto del popolo.
In ogni caso, Hollande è stato più chiaro e deciso: ha detto senza equivoci che il fiscal compact così com’è non va, e visto che dev’essere ancora ratificato si può, anzi si deve correggere in modo da orientarlo di più verso la crescita. Altrimenti l’Europa andrà a sbattere contro un muro. È questo il vero problema. Altrimenti si andrà avanti con una debolezza strutturale dell’Europa che inquina lo stesso rapporto fra politica e mercati. Il problema va preso molto sul serio. Nel momento in cui ci renderemo conto che i mercati tutelano la politica, sarà già troppo tardi, perché non ci sarà più spazio per la democrazia. E questo la popolazione non potrà mai tollerare in nessuna parte del mondo. Dunque la normalità è che siano i governi a tutelare i mercati. E i mercati a loro volta sanno che sono sottoposti al rischio di non poter sopravvivere senza l’aiuto dei governi. Questa è stata la grande lezione della crisi finanziaria: dire che bisogna cambiare il voto perché sennò si fa dispiacere ai mercati significa aprire una ferita nella democrazia.
(Testo raccolto da Eugenio Occorsio)
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