La religione di Olmi attraverso un film

by Editore | 6 Aprile 2012 6:29

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A almeno due secoli ormai stiamo vivendo un doloroso passaggio epocale. All’inizio è stato connotato come «morte di Dio», intendendo con questa espressione il venir meno nella mente personale e sociale della certezza dell’esistenza di un fondamento oggettivo e immutabile dell’essere. 
Una delle scene iniziali del film di Olmi mostra una gru in chiesa che, avviata con una sbuffata di fumo nero in faccia alla telecamera, rimuove il Crocifisso. In quel braccio meccanico è rappresentata la civiltà  europea che non si riconosce più nei simboli tradizionali della sua religione, perché, prima ancora, non si riconosce più nella visione del mondo del cristianesimo tradizionale, imperniata filosoficamente sul paradigma del teismo e teologicamente sul paradigma dell’amartiocentrismo. Il problema, quindi, è la morte del Dio cristiano ed europeo, e della teologia dogmatica che ne rappresenta il pensiero.
Ma senza il richiamo dolce e severo della religione, la mente occidentale è sempre più preda dell’ideologia appropriatrice dell’utilitarismo, simboleggiata nel film di Olmi dal braccio della gru e dalle guardie. La mente occidentale si ritrova incapace di contemplazione e di gratuità , di un rapporto di meraviglia con il reale che sia privo di interesse. Gli assoluti della nostra società  sono l’economia e la sicurezza (l’azienda con la sua gru e la polizia con le sue guardie), economia e sicurezza concepite unicamente in funzione del tornaconto personale e per le quali non si esita a violentare la natura e a calpestare la solidarietà . 
«O noi cambiamo il corso impresso alla storia o sarà  la storia a cambiare noi». Questa scritta costituisce l’ultimo fotogramma del film, prima della sigla finale con i titoli che scorrono sulle onde di un mare minaccioso. 
In realtà  il suo messaggio è chiaro, è la religione per prima che deve cambiare. Essa stessa infatti nella sua presentazione tradizionale esprime la logica dell’utilitarismo, quando insegna per esempio che la rivelazione a Israele era finalizzata a Cristo, che Gesù doveva necessariamente morire per adempiere il disegno del Padre, che si riceve il Battesimo per eliminare il peccato originale, che partecipando ai sacramenti si acquistano meriti… Cambiare il corso impresso alla storia significa lottare contro la logica dell’utilitarismo che si ritrova anzitutto nella versione dogmatica del cristianesimo. 
Il fallimento delle ideologie novecentesche mostra infatti che si può cambiare il corso impresso alla storia solo andando a toccare le sorgenti più profonde dell’essere umano, come è avvenuto 20 secoli fa con la rivoluzione cristiana, o 25 secoli fa con la rivoluzione buddhista. Ovviamente oggi non si tratta di fondare una nuova religione o una nuova chiesa, né di giungere a un’unione sincretistica delle religioni esistenti; si tratta, molto più semplicemente e molto più radicalmente, di compiere quel movimento di rinnovamento che il grande teologo Raimon Panikkar chiamava conversione delle religioni: «Il momento in cui ci troviamo è cruciale per la vita umana e per il pianeta; è un momento che richiede in maniera particolare la conversione di tutte le religioni».
Si tratta quindi di porre un nuovo fondamento spirituale: di passare da un fondamento statico a un fondamento dinamico, da un fondamento dottrinale (il depositum fidei del Catechismo) a un fondamento pragmatico (la caritas dei tanti villaggi di cartone). Si tratta di abbandonare il primato dell’ortodossia, per cui il credente è uno che crede determinate cose dette articula fidei e che obbedisce ossequiosamente alla gerarchia, e di promuovere il primato dell’ortoprassi, per cui il credente è uno che compie azioni non riconducibili all’utile e al proprio interesse ma rivelatrici di un più profondo e generativo interesse.
Uomini come Ermanno Olmi credono e si dicono cristiani perché sentono l’appello alla loro umanità  che è contenuto nella figura del Cristo, e perché non riscontrano nulla di più nobile e di più alto di questo ideale di bene, incarnato in gesti e sentimenti umani. Questo è l’assoluto di cui vivono, l’assoluto di un’umanità  capace di bene e di gratuità , superamento della logica dell’utile ed ingresso nel mondo della trascendenza che non conosce «volontà  di potenza» ma solo desiderio di armonia.

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