by Sergio Segio | 16 Aprile 2012 6:34
à‰ POSSIBILE che, negli ultimi mesi, per capire che aria tira, abbiate preso l’abitudine, ogni mattina, di guardare anzitutto lo spread, il differenziale fra titoli pubblici italiani e tedeschi. Contrordine. Nei mesi a venire, i numeri che contano sono altri: produzione industriale, ordinativi, fatturato, esportazioni, disoccupati. Saranno questi numeri – quelli dell’economia reale – a farci capire come andrà lo spread. L’Italia, infatti, è sul ciglio di una sorta di via spagnola alla crisi: le misure d’austerità aggravano una recessione già in atto nell’economia, la recessione (meno entrate, maggiori spese) pesa sul bilancio pubblico, per mantenere gli obiettivi di deficit è necessaria una nuova dose d’austerità , che riavvia la spirale.
Il governo Monti sembra impegnato, in questi giorni, in una pausa di riflessione, che sottolinea l’incertezza del momento. Dall’esterno, c’è chi spinge perché eventuali tesoretti (ad esempio, gli incassi dalla lotta all’evasione fiscale) vengano redistribuiti ai contribuenti, per rianimare la domanda e l’economia. E chi, invece, ritiene inevitabile la strada opposta, quella di una nuova manovra di austerità , che rimpolpi il bilancio pubblico e consenta di centrare, comunque, l’obiettivo del pareggio nel 2013.
Sulla scelta che farà il governo pesa l’esempio spagnolo. Madrid ha lanciato l’austerità di bilancio prima di noi e, adesso, ne sta scontando gli effetti, con un deficit pubblico che sembra, per l’aggravarsi della recessione, fuori controllo e il conseguente ricasco sui titoli di Statoe sullo spread. L’Italia non ha, invece, ancora assaggiato appieno gli effetti delle misure di austerità decise, che sono pesanti.
Negli ultimi 18 mesi sono state varate manovre per complessivi 100 miliardi di euro, due terzi dei quali attraverso rincari di tasse. L’ultimo capitolo – il Salva Italia di Monti – prevede una quota di tasse, sulla manovra complessiva ancora più alta. Nei prossimi mesi, arriveranno l’Imu sulla casa e l’aumento dell’Iva. E’ probabile che gli effetti sulla domanda e sui consumi saranno massicci. Contemporaneamente, farà sentire i suoi effetti la stretta sul credito. Le banche italiane, infatti, hanno margini di manovra ristretti, nonostante le iniezioni di liquidità della Banca centrale europea, perché hanno sempre meno fondi a disposizione: la raccolta dei depositi della clientela, che è la principale fonte di finanziamento per gli istituti italiani, si fa sempre più difficile, con segnali insistenti di una fuga di depositi verso l’estero, soprattutto Germania.
Gli effetti si vedono sulle previsioni dell’economia italiana per il 2012 e 2013, che rischiano di spiazzare la strategia del governo Monti. Nel varare la manovra che ha tirato il paese fuori dalle secche del collasso dei titoli pubblici di novembre, Monti aveva scelto la strada del prudente pessimismo, dimensionando gli interventi per far fronte ad uno spread con i Bund tedeschi di 500 punti. Oggi, con lo spread ben sotto i 400 punti, quel baratro appare lontano. Ma la barca imbarca acqua da un’altra parte ed è quella peggiore. Risparmiare 100-200 punti di spread significa infatti pagare alcuni miliardi in meno di interessi sul debito pubblico. Ma la recessione colpisce di più e, qui, le previsioni si sono fatte più fosche di quanto pensasse, quattro mesi fa, il governo.
A fine anno, si stimava che l’economia italiana avrebbe perso, nel 2012, uno 0,4 per cento. Oggi, la stima è stata spostata all’1,3 – 1,5 per cento (questaè infatti la forbice che dovrebbe essere prevista dal Documento di economia e finanza, slittato a mercoledì prossimo). Se vale la regola secondo cui, ad occhio, per ogni punto percentuale in meno di Pil, il disavanzo pubblico cresce di mezzo punto (sempre rispetto al Pil), abbiamo già ingoiato, rispetto alle previsioni precedenti, tutti i risparmi dello spread.
Ma quella stima, in realtà ,è ancora ottimistica. Il Fmi renderà note domani le previsioni sull’economia mondiale. A gennaio, però, prevedeva già una riduzione del Pil italiano 2012, non dell’1,3, ma del 2,2 per cento. E non si vede perchè dovrebbe avere maturato una previsione più rosea per l’Italia. Con il Fmi, del resto, concorda l’Ocse, il cui superindice prevede, per il nostro paese, un peggioramento dell’economia fra la fine del 2012 e l’inizio del 2013. Sulla base delle previsione del Fmi (quasi due punti di crescita economica in meno), ad occhio l’Italia si troverebbe, più o meno, con un punto percentuale in più di disavanzo pubblico – circa 15 miliardi di euro – da recuperare.
Significa che è necessaria una nuova stangata? In realtà , il governo ha delle carte da giocare. I successi della lotta all’evasione fiscale, i risultati della spending review (la revisione delle spese inutili dello Stato), la vendita di pezzi del patrimonio pubblico possono tutti portare alle casse pubbliche soldi che scongiurino o allevino una nuova stangata. Misure e annunci in questo senso ridurrebbero l’attuale sensazione di incertezza. Ma la coperta resta corta. Se quei soldi vengono usati per rinsaldare il bilancio pubblico, non possono essere usati per rilanciare l’economia. E la spirale recessione-disavanzo rischia di ripartire.
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