by Editore | 5 Aprile 2012 11:45
E nel 2011 si è registrato un incremento del 9,6% rispetto al 2010 nei luoghi della cultura statali, con oltre venti milioni di ingressi in monumenti, siti archeologici, palazzi storici, mostre e trentuno milioni di presenze registrate nelle città d’arte. Complici anche le difficili situazioni politiche in naltri paesi del mondo – dal Medioriente ai territori attraversati da guerre e instabilità varie – la crisi economica non ha fatto registrare un periodo nero al settore del turismo nelle città d’arte che invece ha confermato la sua tendenza positiva. È cambiata la modalità di fruizione: minori sono le notti di pernottamento in un posto solo e maggiore è il nomadismo praticato per «toccare» più luoghi, pur se tutto ciò avviene accorciando i tempi.
Il 39,8% degli stranieri che sbarcano in Italia e il 60% degli «autoctoni» viaggiano da nord a sud per godersi la nostra (ricca) cultura: gli americani guidano la classifica (quasi il 70% degli statunitensi dicono di scegliere l’Italia per il suo patrimonio storico-artistico). Così, il 34,4% della spesa totale dei visitatori stranieri in Italia sono incassati grazie alla diffusione sul territorio di musei, siti, monumenti. Il settore turistico-culturale occupa 550mila lavoratori e ha un valore di circa 40 miliardi di euro pari al 2,6% del Pil nazionale. Considerando, a livello aggregato, l’economia turistica e quella culturale e creativa, l’apporto al Pil arriva al 13%, equivalente a circa 203 miliardi di euro di fatturato. Sono dati di cui tenere conto nelle misure da prendere in direzione di una sobrietà futura: la cultura, assai sofferente a causa dei precedenti tagli «made in Tremonti», ha un’alta produttività e promette una crescita sempre costante. L’appeal dei beni, infatti, se non si lasciano deperire o finire in macerie, resta e non è soggetto a «mode temporanee».
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