La Chiesa e i volantini «La giustizia sociale sta nel Vangelo…»

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Il governo e le parti sociali devono prendere la decisione piuÌ€ utile». Padre Salvatore Raciti guarda un po’ sgomento i microfoni che lo circondano, poi prende coraggio: «Quale decisione? Basta rispettare il Vangelo e la giustizia sociale per comportarsi da bravi cristiani».
Domenica delle Palme a Santa Maria Maggiore, orario di uscita dalla messa mattutina. Il piazzale è af-
follato di mendicanti, venditori ambulanti di scialli, camion di panini, procacciatori di gite turistiche. L’altoparlante diffonde l’omelia.
Il gruppetto della Cgil, senza insegne visibili, distribuisce i volantini al cancello d’ingresso alla scalinata. EÌ€ il gesto simbolico scelto ieri dal sindacato di Susanna Camusso: portare la protesta «contro i licenziamenti facili e per la dignitaÌ€ del lavoro» davanti a basiliche, chiese, parrocchie. In tutta Italia: nel Lazio sono 28 per 150 volontari. A Roma anche San Paolo e Santa Croce in Gerusalemme. Claudio Di Berardino, segretario della Cgil regionale, porge ai fedeli, spesso frettolosi, il foglio con il quadrato rosso e il titolo: «Il lavoro non eÌ€ una merce». Ha un sorriso gentile: «L’iniziativa sta andando bene. EÌ€ nata dalla posizione importante che ha preso la Chiesa sul lavoro. Difendere i diritti, in questo giorno di pace, ci unisce. Tra i quasi 6 milioni di nostri iscritti ci sono anche cattolici: il sindacato racchiude tutte le fedi e gli orientamenti. Ma eÌ€ un’opera di sensibilizzazione. Non penso a un corteo fuori Palazzo Chigi con Camusso e Bagnasco…».
La mendicante con accanto il mucchio di rami d’ulivo li guarda male: le distraggono il pubblico. Loro, educati, si spostano. Un signore con bambino per mano riflette: «L’art.18 eÌ€ un fondamento della nostra Costituzione. Si puoÌ€ rinnovare il patto sociale, ma non so se eÌ€ il momento opportuno. Il rischio eÌ€ che passino per economici dei licenziamenti discriminatori. Anche se va detto che ho visto reintegrare operai accusati di furto».
La gente passa. Alcuni dribblano le mani tese. Soprattutto gli stranieri. Una ragazza che distribuisce offerte di un tour panoramico in bus di Roma Storica si infila nella situazione. Una signora scuote la testa: non trova giusto che l’iniziativa abbia luogo prima di pasqua «perché rovina la sacralitaÌ€ della festa». Un anziano eÌ€ molto arrabbiato: «Non eÌ€ questo il problema, tutti ci prendono in giro e andiamo in rovina». Ma non c’eÌ€ verso di cavargli di piuÌ€.
Sul piazzale parecchi giornalisti stranieri: Financial Times, Rtl, una tv tedesca. Questa scelta, di mescolare «il diavolo con l’acquasanta», sacro e profano, sindacato filo-comunista e Santa Romana Chiesa, li intriga molto. Appare provocatoria. C’eÌ€ chi evoca Peppone e Don Camillo, chi si chiede se il Vaticano in Italia non abbia giaÌ€ troppa voce. Di Berardino ripete pacato che «sui diritti marciamo insieme, e non siamo i soli».
Emilio vitale, cagnolino nero al guinzaglio, eÌ€ responsabile di un’azienda che fa impianti elettrici e idraulici, condizionatori climatici. EÌ€ contrario all’eliminazione dell’art. 18 per un motivo paradossale: «Per l’italiano medio il lavoro eÌ€ un posto dove ti assicurano una scrivania e il tempo per fare altro. I romeni e gli slavi lavorano, noi non abbiamo fame da tempo. Ma eÌ€ colpa della classe politica se gli italiani sono ridotti cosiÌ€: e non puoi mettere per strada all’improvviso gente viziata».
La sua impresa eÌ€ passata da 90 a 18 dipendenti: «Siamo crollati in un anno. I committenti non ci pagano. La filiera eÌ€ strozzata. Badi bene, io non sono in crisi, mi ritengo fortunato. Agli operai voglio bene: sui cantieri si affacciano dai ponteggi e mi salutano. Ma vedo tanta sofferenza in giro». Che ne pensa dello strano connubio tra Chiesa e sindacati? «Mah, Cristo poteva trasformare tutto in oro e non lo ha fatto. La spiritualitaÌ€ eÌ€ gratis. Ma le vie del Signore sono infinite».


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