La Cgil molla l’articolo 18

by Editore | 6 Aprile 2012 9:48

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Adesso è ufficiale. La Cgil abbandona la più importante tutela dei lavoratori e mette in soffitta la stagione inaugurata da Sergio Cofferati il 23 marzo 2002, quando l’allora segretario del maggiore sindacato italiano portò in piazza tre milioni di persone. La segreteria confederale ha ieri emesso un comunicato in cui prende atto della riforma Monti/Fornero, la accetta e afferma anzi che è in grado di garantire il reintegro al lavoratore. Formalmente è così, in effetti: la parola «reintegro» è stata reinserita, ma lo stesso premier Mario Monti ieri, per rabbonire le imprese, aveva spiegato (prima che la Cgil diffondesse la propria nota) che questa possibilità  diventa «estrema ed improbabile». E se non bastasse, molti giuslavoristi concordano nell’affermare che a questo punto l’onere della prova passa di fatto in carico al licenziato e non più al datore di lavoro. La tutela è praticamente ed evidentemente scomparsa, ma la Cgil si dichiara soddisfatta.
Chiariamoci subito: nessuno contesta alla Cgil di poter aver cambiato idea nell’arco di 10 anni, dal 23 marzo 2002 a oggi. Si può avere accettato la visione di Monti, o il fatto che per l’emergenza della crisi sia necessario rimodulare alcune tutele, indebolirle anche, per rafforzarne altre. Spostare l’attenzione dalle garanzie in uscita a quelle in entrata, per venire incontro ai precari. È tutto legittimo, in una società  democratica: ma non si dica ai lavoratori che il reintegro è salvo, perché tutto il mondo fuori dalle pareti di Corso d’Italia dice che non è così. E la Cgil non è l’ombelico del mondo.
Ma vediamo le dichiarazioni esatte, e segnaliamo subito che lo scontro interno al sindacato a questo punto è più che mai aizzato, visto che la Fiom e la minoranza La Cgil che vogliamo hanno già  comunicato di essere contrarie alla riforma, e uno stesso pezzo della segreteria camussiana – Nicola Nicolosi, coordinatore di Lavoro Società  – si è espresso in modo molto critico. 
Ebbene, innanzitutto la Cgil. «La riconquista dello strumento del “reintegro” nel caso di licenziamenti economici insussistenti è un risultato positivo che ripristina un principio di civiltà  giuridica», scrive la segreteria. Il sindacato precisa che sono «prime valutazioni di ordine generale», visto che «le osservazioni specifiche si potranno fare dopo un esame più completo». Forse nei prossimi giorni la Cgil prenderà  atto che la riconquista del reintegro è solo puramente formale, come le ha spiegato ieri lo stesso Monti? È possibile, anche perché della pura formalità  di vedere restaurata la parola «reintegro», seppure sia indice di «altissima civiltà  giuridica», un lavoratore licenziato ingiustamente non sa proprio che farsene. Non lo aiuta a dar da mangiare ai suoi figli. 
Nel resto del comunicato la Cgil aggiunge che è invece insoddisfatta riguardo alle misure su precari, ammortizzatori sociali, dimissioni in bianco, impulso alla crescita, e che per questo motivo proporrà  a Cisl e Uil di rilanciare la mobilitazione, mettendoci dentro anche il tema del fisco e la manifestazione già  fissata per il 13 aprile sulle pensioni. 
Ma ci sono, come detto, diversi fronti: la Fiom esprime un «giudizio negativo» sul disegno di legge del governo, e afferma che la riforma «svuota di valore l’articolo 18, in quanto il licenziamento economico diventa la regola di fronte ai licenziamenti senza giustificato motivo, rendendo il reintegro un miraggio». I metalmeccanici chiedono quindi che la Cgil continui a mobilitarsi, «fino allo sciopero generale».
Molto più esplicita la critica alla segreteria Cgil da parte della Cgil che vogliamo: Gianni Rinaldini dice che «la soddisfazione espressa non trova giustificazione alcuna nel testo, visto che il reintegro è una palese eccezione scarsamente esigibile dal lavoratore»; aggiunge poi che «il giudizio espresso non ha il mandato del Direttivo, che invece aveva proclamato un pacchetto di 16 ore di sciopero in difesa dell’integrità  dell’articolo 18». La Cgil che vogliamo chiede per questo la «convocazione immediata del Direttivo». 
Infine c’è la critica alla segreteria guidata da Susanna Camusso, espressa da uno dei suoi nove componenti. Si tratta di Nicola Nicolosi, coordinatore di Lavoro Società , che aveva già  nei passati direttivi sottolineato l’importanza di difendere l’articolo 18 nell’attuale formulazione, firmando un emendamento con il segretario della Fiom Maurizio Landini. Ieri Nicolosi ha criticato apertamente la linea Camusso, guadagnandosi una lettera di richiamo degli altri otto segretari indirizzata a lui personalmente e a tutte le strutture della Cgil (non per la critica in sè, ma perché aveva diffuso una nota personale prima ancora che fosse uscita quella dell’intero organo).
«La Cgil fino a ieri aveva fatto bene – spiega Nicolosi – attestandosi sulla posizione che l’articolo 18 doveva essere difeso nel suo nucleo fondamentale, in coerenza con la nostra storia. Da oggi invece ha subito la linea liberista del governo Monti e dell’Europa, accettando la mediazione raggiunta dal Pd invece di portare avanti le proprie ragioni».

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