by Editore | 26 Aprile 2012 6:57
Mercoledì scorso, Cristina ha risposto che, con tutto il rispetto, la Casa Rosada non farà nulla per salvare gli affari argentini dell’Enel, lasciando anche intendere però, che nemmeno nazionalizzerà l’azienda, come invece ha appena fatto con Ypf.
Nella lettera di cui ancora una volta vi informiamo in esclusiva, Cristina è d’accordo con Monti sull’importanza dell’amicizia italo-argentina, ma è anche convinta che il modo migliore per farlo sia quello di «tenere separate le questioni di Stato dagli interessi privati». Tuttavia, ciò che è privato per gli argentini, è invece pubblico per gli italiani o meglio, parastatale: l’azionista di maggioranza dell’Enel è infatti il ministero delle Finanze, con una quota del 31%.
Nello scritto inviato a Palazzo Chigi, la presidente difende le proprie argomentazioni con un’analisi di bilancio delle filiali dell’elettrica italiana nel suo paese: negli anni’90, l’Enel ha comprato le attività che ora possiede per una cifra totale di 612 milioni di quelli che, se fossero esistiti, sarebbero stati euro. «Attualmente, il valore complessivo ammonta a 678 milioni (…) quindi, si può dire che abbiano mantenuto il loro valore». Nei vent’anni trascorsi, gli azionisti si sono intascati 452 milioni in dividendi, «il che equivale a un recupero del 74%» sulla spesa iniziale.
Sebbene nel complesso il gruppo sia cresciuto, nello specifico, Edesur ed Endesa Costanera (prima e terza per dimensioni), valgono oggi rispettivamente due e tre milioni di euro in meno rispetto a quando furono comprate. Cristina addolcisce la pillola a Monti, ma non c’è in realtà granché da stare allegri nell’acquisire un monopolio elettrico a prezzo stracciato e trovarsi ora con imprese che valgono qualche milione in meno.
Secondo l’Enel, le cause del malaffare sono le tariffe bloccate dal governo argentino, come misura di sostegno alla popolazione impoverita dalla crisi del 2001. Cristina risponde nella lettera che il paese sta cercando di migliorare gli aiuti sociali, affinché vadano a chi ne ha veramente bisogno e non a chi non ce l’ha. Tuttavia, tagliare i sussidi non significa permettere all’Enel di aumentare i prezzi.
Dal punto di vista argentino, infatti, la colpa è delle scelte aziendali: Endesa Costanera, per esempio, non ha mai prodotto tutta l’energia elettrica che potrebbe, anzi «in alcuni casi ne ha data meno del 50%», il che viene definito «uno scarsissimo rendimento operativo». In più, ha portato avanti una politica di «forte distribuzione dei dividendi iniziali», a cui si aggiunge il fatto di aver «contratto molti debiti in dollari, esponendosi alle fluttuazioni del cambio».
A guardarci bene, le critiche che Cristina rivolge all’Enel assomigliano a quelle che hanno fatto da anticamera alla nazionalizzazione di Ypf. Una prospettiva che in passato è stata paventata anche nei confronti di Edesur; ma che ora viene scongiurata dalla lettera a Monti: «Desideriamo che Enel prosegua le sue attività (…), accompagnando il nostro sviluppo economico». Quindi, per ora niente esproprio. Il ministro della Pianificazione,
Julio de Vido, ha scritto ieri un’editoriale su un quotidiano locale, in cui presenta un nuovo piano energetico nazionale. In soldoni, investimenti pubblici nell’elettricità , nel petrolio, nelle risorse rinnovabili e nel nucleare. Per l’Enel, questo significa possibilità di nuovi affari con lo Stato (a cui in parte già partecipa), ma anche nuova concorrenza, come per esempio da parte dell’energia nucleare. La capacità di approfittarne, però, sarà tutta sua o, per meglio dire, nostra.
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