by Editore | 13 Aprile 2012 9:01
MILANO – Deve essere stato più difficile del previsto. Ma non poteva andare diversamente. Da ieri la vice presidente del Senato non ha più un partito. L’hanno sbattuta fuori dalla Lega dopo venti anni di militanza, sempre di fianco a Umberto Bossi. «Il rancore ha prevalso sulla verità », ha detto Rosy Mauro. «Ma non mi sento tradita da Bossi». L’ex grande capo ha dovuto sacrificare la sua creatura più fedele, e tosta. L’esito dell’incontro al vertice era già scritto, a prescindere da quali siano le sue effettive responsabilità nella gestione dei soldi pubblici che per anni sono serviti a foraggiare la famiglia di Bossi, e il «cerchio magico».
Bobo Maroni del resto gliel’aveva giurata e certo, proprio lui, non poteva correre il rischio di contare come il due di picche a poche ore dalla sceneggiata di Bergamo. La sua personale «pulizia» somiglia più a un regolamento di conti e il «popolo» – leghista, ma in questo caso i «popoli» sono tutti uguali – in momenti come questi ha bisogno di sbranare la vittima sacrificale. Rosy Mauro è perfetta, anche se non ha ricevuto avvisi di garanzia ed è accusata «solo» di aver distratto fondi per il «suo» sindacato padano (che poi è il sindacato della Lega), per se stessa e per il pittoresco capo della scorta Pier Moscagiuro. Accuse ancora tutte da dimostrare. Forse altre ne arriveranno, è di ieri, per esempio, la notizia che il Sin.Pa ha tre dipendenti di cui uno è la nipote di Rosy Mauro. Insomma, nient’altro che l’ennesimo caso di sfacciato nepotismo, più che un reato un atto in linea con il malcostume dei politici e dei baroni nazionali.
Il terremoto che sta sconvolgendo la Lega non è tutta colpa sua. Rosy Mauro ieri è entrata a sorpresa in via Bellerio dalla porta principale. Per tutto il pomeriggio ha provato a difendersi di fronte al consiglio federale che era stato convocato non per imbastire un processo ma per emettere la sentenza. A tagliare la testa al toro, l’atteggiamento intransigente di Bobo Maroni. L’ex ministro ha posto un aut-aut che avrebbe potuto far implodere la Lega, e questa volta per sempre: «o lei, o me». Tanta durezza, in assenza di prove e fatto salvo il principio della presunta innocenza, non perché Rosy Mauro avrebbe rubato i soldi del partito, ma per il fatto che non ha obbedito all’ordine di lasciare la poltrona al Senato. Insomma, un pretesto, per dirla con Maroni, «la Mauro ha infranto il codice etico della Lega». Quando di etica, in questi giorni, non si vede traccia. «Dopo aver nuovamente rinnovato all’unanimità – si legge nel verbale di via Bellerio – la richiesta di dimissioni dalla vice presidenza del Senato, dopo una lunga discussione, la senatrice Mauro ha ribadito di non voler accettare l’invito, come aveva già pubblicamente dichiarato nei giorni scorsi. A questo punto, preso atto della decisione della senatrice Mauro, il consiglio federale all’unanimità ne ha dichiarato l’espulsione dal movimento ritenendo inaccettabile la sua scelta di non obbedire ad un preciso ordine impartito dal Presidente federale e dal Consiglio federale». Ancora una volta, e senza bacetti sulla guancia, Umberto Bossi ha dovuto chinare la testa.
Scontate, invece, le altre due decisioni prese dal Carroccio. E’ stato espulso l’ex tesoriere del partito Francesco Belsito, l’unico che risulta indagato in tutta questa vicenda, il responsabile del rocombolesco tentativo di fare investimenti in Tanzania con i soldi del partito. Del figlio di Bossi, invece, non si è neppure parlato. A verbale, infine, è stata fissata la data del prossimo congresso della Lega. Si terrà il 29 e 30 giugno, il prima possibile, proprio come voleva Bobo Maroni per essere incoronato ufficialmente.
Nessun leghista, pubblicamente, si straccia le vesti per difendere Rosy Mauro. Il primo a commentare è un maroniano di ferro che tra meno di un mese dovrà affrontare il voto popolare. «Come io sono diventato sindaco e assessore regionale grazie al movimento – ha detto il sindaco di Verona Flavio Tosi – così pure Mauro deve il suo incarico alla Lega e se le è stato chiesto un passo indietro e lei non lo ha fatto l’espulsione è sacrosanta».
Di certo l’espulsione di Rosy Mauro non fa della Lega un partito immacolato e probabilmente Maroni, da qui a giugno, dovrà inventarsene una al giorno per continuare a «fare pulizia». Ieri, la Guardia di Finanza ha acquisito i conti del Carroccio presso la Banca Aletti, la stessa da dove sarebbero partiti i 4,5 milioni di euro diretti in Tanzania. E ancora. I pm di Milano hanno chiesto le carte che riguardano tutti gli immobili del partito. E non è che «il nuovo corso» se la passi tanto bene. La procura di Milano sta compiendo accertamenti anche su Roberto Calderoli, uno dei triumviri chiamati a fare pulizia: in alcune intercettazioni telefoniche si parla di lui come uno dei destinatari dei fondi del partito.
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