by Sergio Segio | 17 Aprile 2012 6:22
NEW YORK – Barack Obama ha piazzato il suo candidato alla testa della Banca Mondiale, Jim Yong Kim, un personaggio due volte inedito: medico e coreano. L’impatto innovativo di questa nomina è stato però parzialmente indebolito dalle polemiche dei paesi emergenti, sempre più critici verso il “duopolio” Usa-Ue che controlla le nomine ai vertici delle due istituzioni di governance economica globale, cioè il Fondo monetario e la Banca mondiale. Per ora questa consuetudine ha retto: e così ieri la “fumata bianca” ha annunciato che al posto di Robert Zoellick (nominato da George Bush nel 2007) subentra Kim come presidente della World Bank. Con una biografia davvero eccezionale. Il “dottor Kim” come viene giustamente chiamato (negli Usa questa qualifica vale solo per medici o chi ha un Ph. D.) nacque 52 anni fa a Seoul in Corea del Sud, ma è diventato cittadino americano. E’ un medico di chiara fama, esperto di problemi di salute a livello globale. Infatti prima di diventare rettore del Darmouth College (suo lavoro attuale) ebbe un incarico presso l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) dove fu messo a dirigere il dipartimento che si occupa della lotta contro l’Aids. In precedenza aveva dato vita ad una ong filantropica, attiva sempre nel campo della salute, Partners in Health.
Questo curriculum di Kim rappresenta una rottura rispetto al passato: i presidenti della Banca mondiale venivano o dal mondo della finanza o da quello della politica, e il più delle volte erano dei tecnocrati con qualche esperienza di governo. Kim per la sua esperienza sembra più adatto a dirigere la Bill and Melinda Gates Foundation anziché un colosso della finanza. Ma questo è proprio il segnale che la Casa Bianca ha voluto dare. La scelta di Obama è una chiara indicazione strategica: la Banca Mondiale dovrà occuparsi meno di economia e più di qualità della vita, dovrà assegnare meno importanza alle aride cifre del Pil e più attenzione a ciò che crea davvero benessere. I suoi compiti resteranno ancorati ai paesi più poveri.
Anche se molti dei paesi ex-poveri del 1944 sono diventati nel frattempo delle potenze emergenti (Cina, India, Indonesia, Brasile sono tra gli esempi più clamorosi), la World Bank continua ad essere un’istituzione potente: Kim governerà su uno staff di 9.000 economisti ed amministrerà un portafoglio di prestiti del valore di 260 miliardi di dollari. Resta il neo della sua nomina: è avvenuta per la prima volta a scapito di una candidatura ufficiale dei paesi emergenti. La sfidante era una donna, e con delle credenziali paradossalmente più “tradizionali”: Ngozi Okonjo-Iewala è una economista nigeriana che ha fatto un bel pezzo della sua carriera proprio fra i top manager della Banca Mondiale, prima di essere richiamata in Nigeria dove attualmente è ministro delle Finanze. Attorno alla Okonjo-Iweala si erano coalizzate diverse nazioni africane. Un altro candidato dei paesi emergenti, l’ex banchiere centrale della Colombia José Antonio Ocampo, aveva ritirato la sua candidatura. I paesi emergenti, come già era accaduto per la nomina di Christine Lagarde al vertice del Fmi, hanno contestato la “blindatura” Usa-Ue delle nomine, ma al dunque non sono riusciti a coalizzarsi unendo tutte le loro forze in favore di un unico candidato alternativo. Kim ha comunque tenuto conto di questa sfida degli emergenti: ha annunciato che il suo stile di presidenza sarà “inclusivo” e terrà conto che «non esiste una ricetta unica per lo sviluppo».
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