Kirill, il Patriarca di tutti gli scandali

by Sergio Segio | 17 Aprile 2012 6:13

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MOSCA. Criticare il Patriarca è come attaccare il Papa. Kirill I è il capo della Chiesa di tutte le Russie. Ne sanno qualcosa le tre «Pussy riot» sbattute in cella per una preghiera anti Putin pronunciata sull’altare di San Basilio. Lo sa l’ex ministro della Sanità  del governo Putin, noto medico oggi in pensione, finito in un tunnel giudiziario che si è trasformato in un incubo. Lo sanno cinquanta orfani, con gravi problemi mentali, costretti ogni giorno a fare due chilometri a piedi per aggirare il terreno di un monastero e raggiungere il centro di assistenza. Episodi emersi a fatica, grazie al web e ai blog. Uniti da un sottile filo che ha sollevato stupore, indignazione e da giorni una tempesta di polemiche.
Yuri Shevchenko non avrebbe mai pensato di finire sul lastrico. Si godeva la sua pensione in un appartamento sull’Arbat. Un anno fa decide di ristrutturarlo. I lavori provocano una leggera infiltrazione nel piano sottostante. La vicina chiede i danni. I coniugi Schevchenko cercano un compromesso. Ma lei, niente: Lidiya Leonova, avvocato, è irremovibile. Presenta il conto: 1 milione di dollari per i danni, altri 500 mila per l’affitto di una nuova casa, ancora 400 mila per l’arredo. Il medico scopre che l’inquilina ha rapporti con il Patriarcato. Con la moglie tira un sospiro di sollievo. È vero, Lidiya Lleonova è cugina del Patriarca e l’appartamento è di proprietà  del padre della Chiesa ortodossa.
L’influenza è controproducente. La banca gli congela il conto, il professionista è costretto a vendere una casa a San Pietroburgo. Di più. È afflitto da un tumore, ha bisogno di andare all’estero per le cure. Ma si vede negato il visto d’uscita. La storia esce sui giornali. I lettori tempestano radio e tv. Vsevolod Chaplin, portavoce di San Basilio, chiarisce: «La Chiesa è sotto attacco. Per i suoi interventi in campo politico, economico, sociale e morale». Ma la cronaca incalza. Sempre sul web salta fuori la storia dell’orologio fantasma. Un Breguet da 30 mila dollari notato al polso di Kirill I in una foto scattata durante una visita ufficiale a Kiev e poi sparito. La Chiesa nega per giorni. Fino a quando sul web appare l’immagine ritoccata con il riflesso del Breguet sul tavolo dove siede il Patriarca. È ancora padre Chaplin a doversi scusare e spiegare: la colpa del falso ricade su un’impiegata troppo zelante.
Ma ormai il muro di omertà  ha tracimato. Salta fuori il dramma di decine di bambini affetti da gravi disfunzioni che sono stati sfrattati da una struttura di proprietà  del Patriarcato. «La Chiesa», ribadisce il portavoce «è regolata dalle leggi universali. Rivendica solo i suoi diritti». Ma un giornalista che si spaccia per un prete raccoglie le confidenze del responsabile di una chiesa fuori Mosca. Padre Grigoriev ostenta un orologio da polso di 60 mila dollari. Confessa di possedere tre auto di lusso e due jeep, una serie di cellulari per 12 mila dollari; lamenta di aver subito un furto da 300 mila dollari che custodiva nella sua cassaforte. Il video finisce in rete. Kirill I non si arrende. È tentato da un gesto riparatore. Lo fa dal pulpito di San Basilio con un’omelia che finisce per allargare il solco con i fedeli: «La Chiesa è attaccata dalle forze del male guidate dall’estero». Un nemico comune, spirituale, fa dimenticare i beni terreni. Con le loro ingiustizie, i privilegi, le sopraffazioni.

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