Israele: «Cella d’isolamento»

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Aveva anche esortato le forze politiche ad unirsi su una piattaforma comune e a riprendere i negoziati solo a condizione che vengano rilasciati tutti i prigionieri politici. Barghouti, noto come il «comandante della seconda Intifada» palestinese, è stato trasferito in una cella di isolamento nel carcere israeliano di Hadarim, dove sta scontando cinque condanne all’ergastolo. Ci rimarrà  per una settimana. Inoltre per un mese non potrà  ricevere visite. Provvedimenti attuati nelle stesse ore in cui le autorità  israeliane deportavano per tre anni a Gaza la detenuta Hana Shalabi, che per 43 giorni aveva fatto lo sciopero della fame in protesta contro la «detenzione amministrativa» (senza processo e solo sulla base di indizi).
«L’isolamento di Marwan Barghouti è una misura illegale», ha protestato l’avvocato del leader palestinese, Elias Sabbagh. «Non è la prima volta che Barghouti è sottoposto a misure del genere, che tuttavia non riusciranno mai a cambiare le sue convizioni», ha affermato il legale. L’invito alla resistenza popolare «è una posizione espressa anche dalla leadership palestinese ed è condivisa da molti israeliani e stranieri», ha precisato Sabbagh, ricordando che l’appello del suo assistito è giunto «in occasione del decimo anniversario dal suo arresto e non si trattava, come sostiene Israele, di una lettera diffusa clandestinamente per la Giornata della Terra». 
C’e’ amarezza tra i palestinesi anche per la deportazione di Hana Shalabi a Gaza. Il compromesso proposto-imposto da Israele per scarcerare la detenuta in condizione di salute critiche, ha suscitato le critiche anche di Richard Falk, l’ex Rapporteur dell’Onu per i diritti umani nei Territori occupati palestinesi. In un articolo scritto per il Foreign Policy Journal, Falk condanna l’uso della «detenzione amministrativa» e la deportazione di Hana Shalabi a Gaza. «L’Articolo 49 della Convenzione di Ginevra – ricorda l’ex Rapporteur – dice: “I trasferimenti individuali o di massa, come pure le deportazioni di persone protette dal territorio occupato a quello del potere occupante, o a quello di qualsivoglia paese, occupato o no, sono proibite a prescindere dalla motivazione». Quella contro Hana Shalabi, aggiunge Falk, «è una forma di punizione collettiva perché alla sua pena si aggiunge quella della famiglia, alla quale sarà  negata l’opportunità  di darle aiuto e amore durante quello che sarà  un lungo e difficile periodo di ricovero (per la sua salute)».


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