Imu, rendite catastali, cedolare secca è la casa il bene più tassato d’Italia
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L’Imu / Incasso da 21 miliardi per l’erario torna l’imposizione sulla prima casa
Il primo, succoso, “bancomat” da cui spremere risorse è senz’altro l’Imu, l’Imposta municipale unica, al suo esordio nel 2012, che sostituisce la mai rimpianta Ici. A partire da giugno, tutti i proprietari di immobili saranno chiamati a versare l’acconto, un 50% dell’imposta calcolata sulle aliquote base (4 per mille sulla prima casa e 7,6 per mille sulle seconde), calmierata da una detrazione per la prima abitazione (200 euro) e uno sgravio per i figli a carico, fino ai 26 anni (50 euro a testa, massimo 400 euro). A dicembre, poi, il conguaglio finale, che si preannuncia una stangata, visto che la seconda rata si sommerà ai rincari decisi dai sindaci (fino al 2 per mille in più sulla prima casa e al 3 per mille sulle seconde). L’esborso totale, alla fine, sarà più alto dell’Ici, anche perché l’imposta si calcola su rendite catastali rivalutate del 60%, come deciso dalla prima manovra Monti, il Salva-Italia. Solo dall’Imu, l’erario incasserà quest’anno 21,4 miliardi, di cui 18 dalle seconde case.
L’Irpef / affitti Colpiti negozi e piccoli proprietari per avviare gli ammortizzatori sociali
A sorpresa, nascosto nelle pieghe della riforma del mercato del lavoro, spunta un altro “bancomat” che servirà al governo per finanziare il nuovo ammortizzatore sociale, l’Aspi. Lo sconto forfettario del 15% previsto per i proprietari che affittano le case, da applicare sui redditi da locazione dichiarati nell’Irpef, scende al 5%. In pratica è come se le imposte sugli affitti “liberi”, ovvero in regime di libero mercato, crescessero del 10%, o anche più per l’effetto combinato di scaglioni e addizionali. Il governo conta di rastrellare 627,1 milioni nel 2014 e 365,2 milioni nel 2015 e di spingere così i proprietari a migrare verso il regime della cedolare secca (il 21% tondo) che si è rivelato un flop in termini di gettito nel 2011, anno d’esordio (484 milioni, contro i 2,5 miliardi ipotizzati). A rimetterci, soprattutto i proprietari di negozi e magazzini (anche 1.400 euro in più all’anno, calcola la Cgia), per i quali non è ammessa la cedolare e che potrebbero rivalersi sugli affitti.
Le rendite / Catasto, la riforma scoverà i finti palazzi popolari
Cattive notizie potrebbero giungere anche dall’imminente legge delega sul fisco. Piatto forte del menù, ancora, il mattone. E la sempre annunciata, mai realizzata, riforma del catasto. Il governo, nelle intenzioni, si ripromette di farla a saldo zero, ovvero senza altri aggravi a carico dei proprietari che versano il giusto. Manovrando le aliquote in caso di penalizzazioni che deriverebbero dagli estimi aggiornati, dal passaggio dai vani ai metri quadri (oggi si pagano Imu diverse a parità di superficie), dalla nuova classificazione degli immobili che porterà i valori vicini a quelli di mercato (ora sono fino a 4 volte inferiori). Anzi, chi vive in periferia, magari in case nuove, pagherebbe forse qualcosa in meno, a scapito di chi vive in centro, a Milano come a Roma e Firenze, in finte case ultrapopolari, accatastate come abitazioni senza bagno (ne esistono un milione). In realtà sono immobili ristrutturati e in zone di pregio o turistiche, sicuri candidati al salasso. L’equità della riforma è però tutta da dimostrare.
I canoni concordati / Sempre meno conveniente fare sconti agli inquilini
La stangata fiscale non risparmia nemmeno gli affitti a canone “concordato”, più bassi di quelli di mercato e aggiornati solo al 75% del costo della vita, ma che usufruiscono di uno sconto Irpef del 40,5% sul riscosso, un’imposta di registro ridotta del 30% e, fino al Salva-Italia, di aliquote Ici vantaggiose, in alcuni Comuni addirittura azzerate (come Bologna e Modena). Fermo restando lo sconto – che non viene toccato dal ddl lavoro, ma che comunque si limita al 30% se la casa è situata nelle grandi città e nei loro hinterland – la nuova Imu dell’era Monti si applicherà a questi immobili, affittati a canone agevolato, nella misura prevista per le seconde case, ovvero 7,6 per mille (con la possibilità dei sindaci di scendere al 4,6, ma anche di salire al 10,6). Secondo Confedilizia, a Forlì il rincaro Imu sarà del tremila per cento (si passa dallo 0,5 al 9,8 per mille), a La Spezia del 636%, a Parma del 748%. Non converrà più. Anche applicando la cedolare secca che, in questo caso, ha un’aliquota del 19%.
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