Il premier: scontiamo le difficoltà  di Madrid

by Editore | 11 Aprile 2012 6:30

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IL CAIRO — Monti arrabbiato. Arrabbiatissimo. Per i dati economici che gli arrivano dall’Italia, certo. Lo spread che supera i 400 punti (glielo dicono mentre è con la moglie nell’area delle piramidi di Giza). Ma soprattutto per la caduta rovinosa della Borsa. Perché per lo spread «non ci sono ragioni specifiche italiane — è stata l’analisi in privato del premier — stiamo pagando di rimbalzo la crisi spagnola. E siamo anche dentro una crisi più grande». Ma la Borsa così giù no, non se l’aspettava il presidente del Consiglio. E su quella può avere influito Emma Marcegaglia con la sua volontà  di ridiscutere la riforma del lavoro (venerdì e sabato) e la richiesta di diminuire le tasse (ieri). «Fino a pochi giorni fa tutto era a posto, poi Marcegaglia ha cambiato atteggiamento. Ha criticato il governo sul Wall Street Journal, sul Financial Times, sul Corriere», diceva Monti ai collaboratori nella sua ultima giornata al Cairo e anche sull’aereo verso Roma. La Marcegaglia è diventata in poco tempo la vera opposizione al governo, colpendo dove i partiti di maggioranza non osano. Il ragionamento nello staff del premier è questo: se gli imprenditori tolgono la fiducia, i mercati capiscono che il ritorno all’instabilità  potrebbe essere dietro l’angolo.
«Un gioco al massacro — si sostiene nell’entourage di Monti — perché gli industriali sanno bene che noi sulla riforma del lavoro non possiamo tornare indietro, ci giochiamo tutto. Perché lo fanno?». Monti ripete: «Per la credibilità  internazionale quella riforma, così come è stata pensata, è fondamentale». Il colpo pare ancora più doloroso perché inferto da Marcegaglia, che ha ancora soltanto un mese di mandato e un successore (Squinzi) già  eletto e pronto a entrare in gioco con idee probabilmente non sovrapponibili alle sue. Ma Marcegaglia, si continua a ritenere attorno al primo ministro, potrebbe coltivare il desiderio di provare con la politica. L’irritazione del premier è tale che alla conferenza stampa di fine viaggio, ieri pomeriggio, nell’eleganza d’altri tempi dell’ambasciata italiana d’Egitto, ha rifiutato di toccare qualsiasi tema italiano. Con cortesia e fredda fermezza.
Quanto allo spread, la valutazione è che si tratti di un aggravamento della credibilità  dei titoli italiani che arriva da fuori dei nostri confini. «Ho detto più volte che la nostra situazione non è ancora stabilizzata, non è ancora passato tutto», è il pensiero di Monti. C’è la situazione in Spagna, c’è la Francia sotto osservazione. Insomma, prima di ogni cosa, l’Europa deve garantire se stessa, bisogna premere affinché Germania e Bundesbank appoggino con decisione la crescita. Per questo, non c’è per ora nessuna decisione di interventi specifici: «Lo spread si muove per una serie di fattori diversi, può essere imprevedibile». La parola d’ordine è cautela, anche se ci si deve sempre preparare al peggio. E il limite del peggio è quel livello 580 dello spread che fu toccato a novembre. I piani di emergenza esistono, ma non è ancora il momento di tirarli fuori. Uno dei ministri economici, da Roma, ha suggerito a Monti un focus con i partiti su crisi e crescita.

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