by Editore | 7 Aprile 2012 14:36
ROMA – «Così si è fatto un enorme danno al Paese. Ci vorrà del tempo per recuperarlo». Il premier Mario Monti era amareggiato ieri sera quando rifletteva con i suoi più stretti collaboratori sull’effetto delle dichiarazioni di Emma Marcegaglia, presidente della Confindustria, al Financial Times con le quali la leader degli industriali ha bocciato senza mezzi termini («very bad», ha detto) la riforma del mercato del lavoro. Aver scelto di parlare direttamente alla business community internazionale ha lasciato gli uomini di Palazzo Chigi sorpresi e irritati. Ora si dovrà cercare di ricucire. La partita si giocherà in Parlamento e non sarà più sull’articolo 18 bensì sulla flessibilità in entrata. Anche l’esecutivo sa che su quello dovrà aprire una linea di comunicazione con Confindustria.
Il blocco delle aziende, che in larga parte è anche il blocco sociale del centrodestra (piccole imprese, artigiani e commercianti), si prepara alla battaglia. Già la prossima settimana dovrebbe esserci un vertice tra “il cartello dei padroni”: Confindustria, Rete Imprese Italia, Abi, Cooperative e assicurazioni. L’obiettivo è quello di provare a muoversi insieme, fare massa critica, e definire i propri emendamenti, destinati ad arrivare in Parlamento attraverso i senatori del Pdl. Un blocco contro la riforma, perché i mugugni nel Pdl aumentano e le critiche sono diventate anche pubbliche. Quasi una coda velenosa della post concertazione voluta dal premier: prima la consultazione, ma senza accordo, con sindacati e imprese; poi il compromesso a Palazzo Chigi con i partiti della maggioranza (Pdl, Pd e Udc); infine la discussione parlamentare nella quale le parti sociali potranno tornare a fare lobby e strappare ciò che non hanno ottenuto nelle fasi precedenti. Tutti liberi da vincoli, insomma. Una partita che gli industriali vorrebbero ampiamente riaprire per cambiare «profondamente» la riforma. D’altra parte, è stato lo stesso segretario del Pdl Angelino Alfano a dichiarare che bisognerà migliorare e modificare il testo «andando incontro alle preoccupazioni manifestate dalle imprese». Se si volesse schematizzare, si potrebbe dire che il Pdl sta con le imprese e il Pd con i sindacati. Ma sostengono entrambi lo “strano” governo Monti e questo non sarà affatto indifferente nella prossima battaglia parlamentare. Questo, in realtà , fa accrescere le probabilità di un voto di fiducia.
Gli attacchi della Marcegaglia hanno irritato il governo ma pare abbiano preoccupato anche il Quirinale, proprio perché sono stati lanciati volutamente attraverso i media internazionali. In alcune conversazioni riservate il ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, non avrebbe nascosto di essere sensibile alle richieste degli industriali. E una posizione non diversa sarebbe stata espressa dal vice ministro all’Economia, Vittorio Grilli, che avrebbe lamentato pure di non essere stato del tutto coinvolto nella stesura definitiva del disegno di legge. Divisioni che giocano a favore del blocco delle aziende.
Non è sul nuovo articolo 18, comunque, che le imprese prepareranno gli emendamenti perché sanno che non possono andare allo scontro con il partito di Pier Luigi Bersani. Sarà , invece, sulla flessibilità in entrata per rimuovere quelle che considerano le nuove rigidità sui contratti a termine, le partite Iva, i parasubordinati. Da qui il commento sarcastico del vicepresidente della Commissione Lavoro della Camera, Giuliano Cazzola (Pdl): «Si accorgono adesso che c’è il problema della flessibilità in entrata mentre prima ballavano intorno allo spaventapasseri dell’articolo 18».
Ma dietro le quinte, gli industriali non nascondono l’altro obiettivo, una sorta di “piano B”, molto più pericoloso: «Mettere la riforma su un binario morto parlamentare, come si è fatto altre volte», ammetteva ieri uno dei leader delle associazioni. Troppo per non mettere a rischio anche il governo Monti.
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