Il negoziato prima dell’incendio

by Editore | 14 Aprile 2012 13:20

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Oggi il vertice, tra incertezze e pessimismi, a quasi un anno dal fallimento dell’ultimo tentativoComincia oggi a Istanbul, in Turchia, un finesettimana di negoziati che molti in Occidente presentano come «ultima chance della diplomazia» verso l’Iran, o un ultimo tentativo di evitare iniziative militari da parte di Israele. Attorno al tavolo si troveranno infatti i rappresentanti di Tehran e delle maggiori potenze mondiali, il cosiddetto gruppo 5 più 1 (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza e la Germania). L’ultimo incontro, nel gennaio 2011, si era concluso con un nulla di fatto e nessuno si aspetta che questo week end si concluda con qualche accordo: potrebbe però aprire la via a un compromesso in futuro.
Le nazioni occidentali per la verità  arrivano a Istanbul con richieste tutt’altro che concilianti – così almeno hanno lasciato intendere negli ultimi giorni le cancellerie occidentali con una serie di «fughe di notizie». L’amministrazione Obama farà  due richieste all’Iran: fermare e chiudere definitivamente il suo impianto nucleare a Fordow, ed esportare l’uranio finora arricchito al 20% (quello che l’Iran necessita per la ricerca medica). L’impianto di Fordow, dichiarato all’Agenzia internazionale per l’energia atomica nel 2009, dà  particolare fastidio all’Occidente (e a Israele), benché sia sotto costante sorveglianza dell’Aiea, perché è costruito sotto 60-90 metri di montagna rocciosa nelle vicinanze di Qom, a sud di Tehran: e ciò lo mette al riparo da eventuali bombardamenti. E’ là  che l’Iran produce il suo combustibile al 20% – un livello medio, ma comunque lontano dal 90% necessario per fabbricare bombe.
La richiesta di chiudere l’impianto di Fordow è stata una «concessione» degli Stati uniti a Israele, a quanto pare (il ministro della difesa israeliano Ehud Barack ha rivelato il 4 aprile di aver avuto colloqui con le controparti Usa ed europee per perorare le richieste del suo governo nel prossimo negoziato con l’Iran). In cambio, Washington avrebbe ottenuto da Israele l’impegno a non lanciarsi in avventure militari durante la campagna presidenziale americana; a conferma, il Jerusalem Post giorni fa citava «alti ufficiali della difesa» israeliana, secondo cui un attacco all’Iran «potrebbe essere rinviato al 2013» in attesa dei risultati dei colloqui.
Il fatto è che la richiesta occidentale è difficilmente accettabile per Tehran: il regime iraniano ha sempre presentato il suo programma atomico non solo come un diritto ma come un motivo di orgoglio. Il capo dell’Agenzia iraniana per l’energia atomica, Fereidoun Abbasi, ha dichiarato all’agenzia di stampa Isna che «la richiesta del P5+1 di sospendere le attività  a Fordow è irragionevole». Qualche margine in più esiste forse sulla questione dell’uranio al 20% – ovviamente se le potenze nucleari ufficiali daranno all’Iran il combustibile per la ricerca medica che finora gli hanno negato. D’altra parte sia Washington che Tehran hanno tutto l’interesse a qualche tipo di accordo – ma difficilmente l’Iran accetterà  richieste che suonano come una resa, almeno senza contropartite sostanziose
Il punto è che non è chiaro cosa le nazioni occidentali intendano offrire all’Iran (su questo ciascuno ha tenuto le sue carte ben coperte), a parte l’implicita minaccia «se non scendete a patti non riusciremo a impedire che Israele vi attacchi». Qualcuno anticipa che Washington offrirà  la fornitura delle barre di combustibile per il reattore di ricerca di Tehran, e magari di non chiedere nuove sanzioni Onu: ma difficilmente basterà  ad avviare un vero negoziato. Anche perché nell’ultimo anno, Stati uniti e Unione eeuropea hanno inasprito la loro pressione su Tehran con sanzioni unilaterali ormai strettissime contro il settore petrolifero e le banche. Ora, «sembra inevitabile che una de-escalation delle attività  nucleari iraniane vada accompagnata da una de-escalation delle sanzioni, perché un accordo sia raggiunto», nota Trita Parsi, autore di diversi libri sulle relazioni tra Iran e Usa (e presidente del National Iranian American Council), sul Huffington Post.
L’altro elemento sarà  capire se e quali proposte porterà  l’Iran. «i rappresentanti iraniani arriveranno ai colloqui con nuove iniziative», ha dichiarato il capo negoziatore Saeed Jalili alla Tv di stato iraniaia, «Siamo pronti a tenere colloqui fruttuosi e progressivi sulla cooperazione». I colloqui di Istanbul permetteranno forse di capire se ci sono proposte serie sul tavolo, e se Washington da un lato e Tehran dall’altro mostreranno qualche flessibilità : perché senza una volontà  di compromesso, le minacce militari sono solo rinviate.

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