Il mediatore e il miliardario

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A questi magistrati si riconosce di aver correttamente valutato le prove e i riscontri per la sussistenza della contestazione, anche se solo fino al 1977. Motivazioni attese e dal contenuto molto pesante, con ragioni diverse, per i protagonisti: Dell’Utri e Berlusconi. 
Da quell’anno, e fino al 1982, l’imputato sarebbe passato alle dipendenza dell’imprenditore Rapisarda e, quindi, per questo periodo c’è un «vuoto argomentativo» non essendo stato provato, essendoci tale sospensione di rapporti di lavoro, la continuazione del rapporto di intermediazione mafiosa tra Berlusconi e Dell’Utri. 
Mettendo da parte il tecnicismo della sentenza, possiamo contare su alcuni punti fermi, che non sono di poco conto. C’è un primo periodo, fino al ’77, per il quale l’intermediazione è provata e, in particolare, deve darsi per scontato che l’ “eroe” Vittorio Mangano era ad Arcore per svolgere la sua funzione di mafioso e non quella di stalliere, con Berlusconi nella parte di vittima minacciata dalla mafia alla quale versava cospicui finanziamenti.
Da una persona comune, confrontata con le pretese criminali dell’organizzazione mafiosa, potremmo non pretendere il coraggio e l’eroismo della denuncia, eppure la pretendiamo in virtù dell’esempio di tanti altri che questa strada l’hanno percorsa a costo della vita: i nomi di Libero Gassi e Giorgio Ambrosoli, due per tutti, ci raccontano un’altra storia. Non possiamo, pertanto, non esigerla da un imprenditore multimiliardario, con giornali, televisioni e relazioni politiche di alto livello: gli sarebbe bastato alzare il telefono per liberarsi dello stalliere e della mafia che rappresentava. Berlusconi non l’ha fatto, evidentemente gli interessi erano ben altri e non valeva la pena mettersi contro un coacervo di relazioni che potevano essergli utili come imprenditore prima e poi come politico. 
Dell’Utri, dal canto suo, è stato l’uomo di raccordo di queste relazioni, fino ad organizzargli Forza Italia che, senza di lui, parola di Berlusconi, non sarebbe nata. Sono fatti risaputi da anni, che hanno posto un problema politico più che giudiziario, e sui quali inutilmente ha insistito un’opinione pubblica, in verità  minoritaria, visti anche i successi elettorali che hanno fondato un ventennio di potere politico assoluto, con il relativo degrado morale ed economico. 
Il problema permane più attuale che mai anche dopo l’uscita di scena formale del Cavaliere perché la sua forza politica continua dispiegarsi anche in costanza del governo dei professori. Da qui il massacro dei diritti e delle condizioni di vita delle famiglie, dei disoccupati, dei precari, con la riforma dell’art. 18 o delle pensioni, con l’immutabile assetto del sistema dell’informazione. La “maggioranza anomala” lo aiuta non poco: quando si sveglierà  la sinistra?


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