by Sergio Segio | 17 Aprile 2012 6:32
Giura: «Non c’è nulla di imputabile a me». Inox-man o «il politico più stupido che conosco», come una volta lo apostrofò Ciriaco De Mita? «Non stupido, tutt’altro, direi Diomammoneggiante – corregge privatissimamente un autorevole esponente dell’establishment d’Oltretevere – capitano di una legione di lottatori a tempo pieno, ma non vincitori contro il peccato».
Passi per la castità , che in caso di qualche scivolata si può assolvere confessandola ai padri Salesiani di via Copernico, come dev’essere avvenuto quando il casto fu fotografato su un panfilo in boxer mentre ballava con tre ragazze sulle note dei Red Hot Chili Peppers. «Non sono un musone», si giustificò con Stefano Lorenzetto. Tutt’altro, ama le buone compagnie, le barche, le vacanze esotiche. Ma, suvvia, vada pure per la castità , ma quanto alla povertà evangelica, gli stili di vita suoi e del suo Cerchio magico non sembrano proprio tapini. È vero, il Celeste ha abitato per anni in una casa-comunità dei Memores Domini in via Dino Villani, che era di proprietà – guarda un po’ – di don Salvatore Ligresti. Con lui viveva, tra gli altri, Alberto Perego titolare, secondo l’accusa, di un deposito svizzero su cui confluivano tangenti della Finmeccanica. Erano i tempi dello scandalo Oil for Food. Se in ossequio al dettato evangelico di povertà il governatore non ha mai toccato un euro, come ieri ha ripetuto, non c’è più dubbio allora sul fatto che si sia circondato di una legione di simoniaci che nel suo ventennio al comando della Lombardia non hanno perso neanche un’occasione per sottrarre e accumulare denaro con mezzi illeciti. Per loro, per i Memores, per Comunione e liberazione, per il sistema di potere politico – religioso da cementare? Poco importa ai fini delle responsabilità politiche.
Dove ha girato per tanti anni lo sguardo il Celeste, sempre occupato ad autoassolversi, come, con ragioni più nobili, fece per il padre vecchio podestà in Brianza, accusato dell’omicidio di quattro partigiani e amnistiato da Togliatti? Lo dice persino non l’opposizione, ma il coordinatore lombardo del Pdl Mario Mantovani: «Ma quale complotto. È la solita cricca che porta via quattrini», dove per solita cricca si deve intendere il sistema politico-affaristico di Cl. E una quantità inaudita di quattrini.
Pare che siamo già a 70 milioni di euro solo dell’ultima ondata scoperta dalla magistratura, quella della Fondazione Maugeri, che ha appena portato in carcere l’ex assessore alla Sanità della Regione Antonio Simone e ha procurato un altro mandato di cattura per Pierangelo Daccò, già arrestato per lo scandalo del San Raffaele di don Verzé, che ha lasciato un buco da un miliardo e mezzo oltre allo strascico dell’Olgettina e di Nicole Minetti, la maitresse sua protégée preferita, passata a Berlusconi, la quale gestiva la «casa delle femmine» proprio lì di fronte alla faraonica cupola dell’ospedale costata 50 milioni di euro.
Lo stretto Cerchio Magico del Celeste c’è tutto, nessuno escluso, nei tifoni giudiziari che si susseguono. Ed è come se fosse organizzato per specialità . I faccendieri dedicati all’edilizia e alle opere pubbliche, quelli all’urbanistica, quelli all’ambiente, specializzati nei rifiuti e nell’amianto. Come Rosanna Gariboldi, moglie di Giancarlo Abelli detto il Faraone della sanità , che è già stata condannata a due anni: riciclava sul suo conto a Montecarlo i fondi neri di Giuseppe Grossi, il re degli inceneritori morto mentre si indagava per disinquinamenti fantasma, mai fatti ma pagati, e per i rifiuti tossici nascosti sotto le autostrade e i nuovi quartieri milanesi.
Ma è la sanità il fiore all’occhiello del modello lombardo, come il governatore ama chiamarlo, che oggi appassisce fino a disseccare il «ciellenismo realizzato» che avrebbe dovuto condurlo ai sogli più alti, forse alla guida del paese nel dopo-Berlusconi.
«Più società e meno Stato» è lo slogan ciellino con il quale Formigoni ha conquistato le società pubbliche, ma soprattutto i gangli del potere sanitario, la prima industria regionale che assorbe 17 miliardi di euro all’anno, oltre il 70 per cento del bilancio. Il modello formigoniano ha trasferito parte rilevante di queste risorse alle strutture private, soprattutto quelle sponsorizzate da Cl. Gli ospedali pubblici che non reggono i tagli e le strutture «amiche» che moltiplicano i rimborsi pubblici fino a livelli inenarrabili come il mezzo miliardo o giù di lì del San Raffaele.
Troppi soldi, come ai partiti con i rimborsi elettorali, che hanno scatenato gli appetiti, soddisfatti, del ciellenismo lombardo. «Vi siete mai chiesti – ha ben riassunto l’ex assessore leghista alla Sanità Alessandro Cè, cacciato perché ostacolava il business miliardario delle cricche – perché in Lombardia ci sono più centri di cardiochirurgia che in tutta la Francia, molti dei quali privati? Perché la cardiochirurgia, come alcune altre specialità , è più remunerativa. Sul pubblico si scaricano le prestazioni meno profittevoli».
Succede così, secondo l’ex assessore, che un clinicaro come Giuseppe Rotelli diventi il primo azionista della Rizzoli – Corriere della Sera con gli utili della sanità privata convenzionata.
L’inox–man del Formigone, ieri per la prima volta un po’ sudato, ha forse infine tradito la velleitaria rocciosità del Gruppo Adulto. Perché tutto congiura contro di lui. Reggerà fino al 2013 o sarà costretto presto a dimettersi col procedere delle inchieste che riservano risvolti clamorosi? Non solo costretto dalla politica politicante devastata in Lombardia da Lega Ladrona, ma anche dall’imbarazzo della Chiesa. «Sarà mai possibile che Scola non c’entri niente con Formigoni? No, non c’entra niente», ha già scolpito due mesi fa l’arcivescovo di Milano. E anche Julian Carròn, successore di don Giussani alla guida di Cl, va ripetendo che lui non vuole mischiarsi con la politica. Chissà che nel pullulare di faccendieri devoti, sia finalmente finita la stagione dei «santi per contratto».
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