Il cardinale Rambo che imbarazza il Vaticano
GENOVA – A Savona c’è chi, in gran segreto, lo aveva soprannominato monsignor Rambo. Ma ora che la passione per le armi del cardinal Domenico Calcagno è diventata di dominio pubblico, dal Vaticano filtrano commenti, tanto anonimi, quanto imbarazzati.
Il caso, infatti, coinvolge, uno dei porporati più potenti ed autorevoli, attualmente a capo dell’Apsa (Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) ed in passato responsabile degli affari economici della Cei, la conferenza dei vescovi.
Accade, infatti, che monsignor Calcagno, 68 anni, occhi placidi e fisico da prete di campagna, sia proprietario di una vera e propria armeria che conta tredici tra fucili e pistole. E non si tratta degli “schioppi” ereditati da qualche parente delle sue campagne d’origine – quelle di Parodi Ligure, in provincia di Alessandria – bensì di molti pezzi da vero intenditore.
A rivelare l’anima guerriera del cardinale è stato il giornalista Mario Molinari sul sito Savonanews, dove sono state pubblicate anche copie delle denunce di proprietà e di acquisto depositate nella questura di Savona dove Calcagno è stato vescovo dal 2002 al 2007, prima di essere chiamato a ricoprire l’incarico di segretario dell’Apsa.
Ai suoi più stretti collaboratori il cardinale avrebbe manifestato stupore per l’interesse verso un aspetto che riguarda la sua vita privata. Come evidenzia anche nella denuncia, il monsignore è iscritto al tiro a segno nazionale con tessera rilasciata nel 2003 ed è anche un cacciatore. Nel suo appartamento in Vaticano vive con lui un segugio di razza.
Certo è che la collezione del cardinale lascia stupiti per le caratteristiche di alcuni pezzi. Ad esempio un revolver degno dell’ispettore Callaghan come la magnum Smith & Wesson calibro 357, roba da pistoleri. Oppure la carabina di precisione per caccia grossa Remington 7400 calibro 30.06. O ancora un micidiale fucile a pompa costruito in Turchia come l’Hatsan modello Escort.
La denuncia pubblicata da Savonanews risale al 2006 quando, oltre alle armi già di sua proprietà , tra le quali un fucile da caccia appartenuto al padre, monsignor Calcagno dichiarò di aver acquistato altri sei pezzi «per uso sportivo o collezione dall’armeria Tessitore di Savona».
Un altro fucile a «due canne sovrapposte marca Gitti calibro 20» lo acquistò dall’armeria Pera. Mentre una rivoltella tedesca Arminius calibro 38 spiega di averla comprata da una parrocchiana rimasta vedova.
In un altro documento, l’allora vescovo di Savona dichiara di aver venduto anche dei fucili della sua collezione. Uno, una carabina marca Schmidt Rubin di nazionalità svizzera calibro 7,5, spiega di averla ceduta ad un altro religioso appassionato di armi, don Giulio G. nato a Bergeggi.
Infine, monsignor Calcagno tranquillizza gli agenti della questura sottolineando che «le armi sono custodite nella propria abitazione in un armadio chiuso a chiave».
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LETTERA APERTA AI GARANTI, AL VOLONTARIATO, ALLE ASSOCIAZIONI DI IMPEGNO CIVILE E SOCIALE
Care amiche e cari amici, ho meditato a lungo e con insistenza. Alla fine mi sono convinto, senza incertezze, che non possiamo più continuare ad accettare che di fronte alla tragedia quotidiana che vive il carcere, si persegua una gestione rassegnata e contrassegnata dal tratto della normale amministrazione, quando la situazione è davvero insostenibile e richiede un cambio di passo visibile, una discontinuità profonda. Insomma il tempo è della riforma. Senza incertezze.