I quattro dell’articolo 18

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Vertice a sorpresa, ieri, sull’articolo 18: il premier Mario Monti ha incontrato i tre leader di maggioranza Pierluigi Bersani (Pd), Angelino Alfano (Pdl) e Pierferdinando Casini (Udc). L’incontro è iniziato alle nove e venti e si è prolungato fino alla notte. Qualche ora prima Monti aveva visto la ministra del Welfare Elsa Fornero a Palazzo Chigi, poi si era recato nel suo ufficio di Palazzo Giustiniani, per un colloquio con il solo Bersani.
Al faccia a faccia Monti-Bersani pare che si sia raggiunto un primo accordo sull’applicazione del modello tedesco, che prevede la possibilità  del reintegro da parte del giudice anche per motivi economici. Monti avrebbe assicurato a Bersani che se questa soluzione fosse accettata anche da Alfano e Casini, lui non si metterebbe di traverso. Ovviamente l’accordo a quattro non è per nulla scontato: sembra che la mediazione si potrebbe trovare nel rafforzamento della commissione di conciliazione tra azienda e sindacati, con il ricorso al giudice solo in seconda battuta. L’onere della prova tornerebbe a carico del datore di lavoro.
L’incontro tra Monti e Bersani all’inizio era stato tenuto segreto. I giornalisti hanno ricostruito i movimenti dei due personaggi seguendo gli uomini delle scorte, avvistati presso il Pantheon, la Passat del premier che usciva da Palazzo Chigi, e l’auto del segretario Pd che lasciava la sede del partito, affermando (per depistare) che si stava recando alla Camera. Atmosfera carbonara che ricorda quella di un primo vertice, tenuto all’inizio del mandato di Monti, quando il presidente del consiglio aveva incontrato i tre leader politici nel tunnel che unisce Palazzo Madama a Palazzo Giustiniani. 
All’inizio sembrava che il colloquio Bersani-Monti fosse durato soltanto un’ora, perché l’auto del premier era tornata a Palazzo Chigi. Poi si è scoperto invece che Monti è rimasto sempre a palazzo Giustiniani: la riunione con il leader Pd è durata più di tre ore ed è stata poi allargata ad Alfano e Casini. 
Dunque, allo stato delle cose, non è ancora dato sapere dove andrà  a cadere l’ultimo paletto sulla giusta causa: se verrà  davvero recuperato il reintegro in caso di licenziamento economico illegittimo, come chiedono il Pd e la Cgil, o se invece il testo finale non si rivelerà  una pezza di copertura per una norma che rimarrà  ingiusta. Ma a parte la sostanza della legge, sul piano più prettamente politico si dovrà  anche capire se i termini dell’accordo (se ci sarà ) piaceranno a tutte le parti in causa, Cgil in primis, così da offrire almeno l’apparenza di una riguadagnata pace sociale. Il che aiuterebbe molto Monti, il cui consenso nelle ultime settimane è stato pesantemente messo alla prova dall’acuirsi della crisi, dall’aumento generalizzato di prezzi e tariffe, dal lievitare delle tasse ormai chiaro a tutti.
In mattinata Bersani aveva spiegato che un’intesa per il momento non c’era: «In questi giorni ho cercato di lanciare messaggi di ragionevolezza ma per ora non c’è nessuna concreta novità  sulla riforma del lavoro e sulla modifica dell’articolo 18 – aveva detto – Spero ce ne possano essere nei prossimi giorni». Poi, dopo qualche ora, era andato all’incontro con Monti.
Gli aveva subito fatto eco l’antagonista-alleato nella maggioranza, Alfano, tornando a puntare i paletti nell’attesa del confronto: «Attendiamo che il governo faccia la sua proposta», aveva detto, aggiungendo che se saranno avanzate delle modifiche, «anche noi abbiamo le nostre proposte». 
E che la partita non fosse stata ancora risolta, lo aveva ammesso anche la ministra Fornero. Nonostante l’ottimismo mostrato nel pomeriggio – «Dal mio punto di vista il testo è praticamente pronto, spero avremo il ddl al massimo per domani mattina (oggi per chi legge, ndr)» – aveva poi dovuto aggiungere: con Monti «ne dobbiamo ancora parlare, ci sono molti argomenti molto complessi e ognuno merita di essere guardato». Cioè: io resto ferma al mio testo “tecnico”, il pallino delle eventuali modifiche passa al premier e alla maggioranza. Anche perché il ddl dovrà  superare il vaglio del presidente della Repubblica e delle Camere.
D’altronde la Cgil ieri è tornata a insistere sul reintegro per i licenziamenti economici, e anche gli altri sindacati battono i piedi. Susanna Camusso è stata chiara: «Se come temiamo nel documento che sarà  varato dal governo ci sono soluzioni che non prevedono il reintegro nel caso di licenziamenti illegittimi, continueremo le nostre iniziative affinché venga modificato». 
Luigi Angeletti (Uil) invoca addirittura «il licenziamento per giusta causa di Elsa Fornero: per il nodo articolo 18 e per gli “esodati”». E annuncia che proporrà  «mobilitazioni» (leggi: sciopero) a Cgil e Cisl: tra fine aprile e maggio, su licenziamenti, fisco e crescita. Appello raccolto subito dal segretario della Cisl Raffaele Bonanni: «Noi siamo pronti».


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