I pirati rilasciano la Enrico Ievoli in salvo sei marinai italiani
L’attesa, questa volta, è stata breve. Certo, in un sequestro il tempo è un valore decisamente relativo. Ma quattro mesi per una nave in mano ai pirati somali possono essere considerati quasi un record. In senso positivo. Dopo 85 giorni di contatti e trattative, l’ultima petroliera italiana assaltata e catturata dai bucanieri del nuovo secolo è stata rilasciata ieri mattina all’alba. L’annuncio è stato dato dallo stesso ministro degli Esteri Giulio Terzi da Giacarta, tappa di una missione che lo impegna nel sudest asiatico. E subito dopo la liberazione, il comandante della Enrico Ievoli, Agostino Musumeci, ha espresso la sua gioia all’armatore: «Stiamo bene, è tutto sotto controllo, l’equipaggio sta benissimo».
«Posso confermare», spiega il ministro alla stampa, «che la nave Enrico Ievoli è stata liberata e con essa i 18 membri dell’equipaggio, tra i quali sei italiani. Lasciatemi esprimere grande soddisfazione per un esito positivo perseguito con tenacia, determinazione e altissima professionalità da tutti i soggetti istituzionali coinvolti». La notizia è stata accolta da un grido liberatorio delle moglie del comandante, Rita Gianfriddo. «Piango di gioia. Non ho dormito per quattro mesi, ho sempre avuto paura. Voglio ringraziare l’armatore e lo Stato. Prima era come avere un morto in casa; ora non c’è più, è resuscitato». Parole diverse da quelle che la stessa donna aveva pronunciato, con rabbia, subito dopo il sequestro del cargo della Marnavi. «È una vergogna», aveva gridato Rita Ginafriddo dalla sua casa di Mascali, in provincia di Catania. «Nessuno di questo Stato ci ha chiamato o si è fatto sentire».
Era il 27 dicembre scorso. Salpata dal porto di Fujairah, negli Emirati arabi, e diretta nel Mediterraneo con un carico di 15.750 tonnellate di soda caustica, la “Enrico Ievoli” era stata assaltata da un gruppo di pirati somali al largo dell’Oman. Non era la prima volta. Già nel marzo del 2006 era stata presa di mira. L’intervento della fregata Euro della Marina militare italiana aveva sventato l’arrembaggio. A dicembre scorso i pirati erano stati più veloci e abili. A bordo c’erano diciotto membri di equipaggio: sei italiani, tutti siciliani, 5 ucraini e 7 indiani. Il comandante, Agostino Musumeci, un vero lupo di mare, era riuscito a lanciare l’allarme e a indicare al centro operativo della società armatoriale l’esatta posizione del cargo. Aveva mantenuto la calma e aveva rassicurato la Marnavi di Napoli sulle condizioni dei suoi uomini.
È iniziata l’attesa. I primi contatti con i mediatori, il negoziato con la banda di pirati che controllava la nave, il pagamento del riscatto. L’incubo della “Savina Caylin”, trattenuta per undici mesi con le trattative che si erano impantanate più volte e liberata da pochissimi giorni, aveva fatto temere il peggio. La bruttissima avventura si è risolta presto e bene. Soddisfazione corale da parte di D’Alema, Fini, Frattini. I contatti erano giusti e il ruolo avuto dalle istituzioni somale è stato determinante. Segno che il fragilissimo governo di un paese sconvolto da una guerra civile infinita forse è tornato ad avere un peso politico, non solo persuasivo.
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