by Editore | 23 Aprile 2012 1:20
Con rispetto parlando (per gli Stones), è come se Mick Jagger e Keith Richard’s facessero pace davanti al mondo per la milionesima volta. Non ci crede nessuno, continuano a detestarsi ma non possono fare a meno uno dell’altro. Tornando sulla terra, a Besozzo, in provincia di Varese, altri due fratelli coltelli si sono rappacificati pubblicamente per la gioia dei militanti credenti. Rieccoli di nuovo insieme, e l’orchestra un po’ scassata tornerà a suonare la musica di sempre. Il patto «del risotto verde» di Besozzo è stato siglato all’improvviso. Con un colpo a «sorpresa», dicono le cronache. Bobo Maroni, tornato on the road come quando era un ragazzino, ieri era nel varesotto per un comizio quando improvvisamente è arrivato lui. Il Bossi (ovazioni). Tra i due, oltre agli ultimi anni trascorsi nel tentativo di farsi le scarpe a vicenda, ultimamente non correva buon sangue per via del fantomatico dossier su Maroni che circolava dalle parti del cerchio magico. Acqua passata, ha detto Bossi. Di più. L’ex capo supremo, scomodando categorie facilmente comprensibili (il bene e il male), ha detto «Maroni è il bene della Lega e io voto per il bene della Lega, e lui è il bene della Lega». Più chiaro di così… Umberto Bossi, però, non ha voluto nascondere il male. Anzi, i mali. Per prima cosa ha fatto ancora autocritica, ha cominciato a Bergamo e (forse) la smetterà solo dopo i primi responsi delle urne, tra una ventina di giorni. Ha provato «vergogna» per quello che è successo e si è pentito di aver fatto nuotare il Trota nelle pericolose acque della politica. «Un po’ ci vergognavamo – già parla al passato – di quello che è accaduto, ma la gente ha capito, ha capito che se qualcosa è andato storto è perché c’è stato un raggiro. Chi si è preso soldi si faccia da parte». Il dossier? «Fatto per creare una stagione di veleni, metterci contro, me e Roberto, e rompere la Lega, ma anche questa manovra tutta romana e centralista fallirà ». Rieccoci al male di sempre. «Dobbiamo essere forti e mostrare che non si passa – ha detto il Senatur – il nostro nemico è il centralismo di Roma, che impone l’Imu sulla prima casa e che taglia le pensioni». La soddisfazione di Maroni si è cristallizzata in una metafora, «ieri pioveva e oggi c’è il sole e lo abbiamo fatto uscire noi». Poi, tanto per dire che la Lega è in sofferenza ma gli altri non sono messi meglio, ha parlato anche dei progetti del centrodestra ridipinto di nuovo. «La Lega è l’unico punto fermo nel panorama politico italiano, la differenza è che gli altri partiti hanno bisogno continuamente di cambiare identità , simbolo o nome, mentre noi siamo orgogliosamente leghisti con l’ambizione di diventare il primo partito del nord». Le procure che stanno spulciando le carte della Lega non sono certo sensibili alla ritrovata verve dell’ex ministro ed è probabile che da qui alle amministrative il triumvirato Maroni-Calderoli-Dal Lago dovrà fare i conti con altri «trabocchetti», come li chiama Bossi. In più, ci sono i malumori della base leghista – i veneti soprattutto – che ha tutta l’aria di aver subito l’operazione di «pulizia» dei lombardi senza poter mettere becco. Di sicuro, dietro le quinte del ritrovato amore tra fratelli coltelli, ci sono molti che la pensano come Lorenzo Bodega, per esempio, il senatore che è uscito dalla Lega per entrare nel gruppo misto. Lui, ha spiegato a Radio24 , crede che «Maroni sia solo un opportunista, uno come tanti che adesso fanno le verginelle. Come faceva a non sapere dato che era sempre nella sala di comando? E’ solo una resa dei conti, una lotta per il futuro». E perdipiù, crede Bodega, senza prospettive. «Non ha carisma, con lui la Lega si spacca e al massimo arriva al 4%». Solo alle amministrative del prossimo 6 maggio si potrà cominciare a ragionare su numeri non sparati a caso. Di sicuro si sa solo che non ne approfitteranno i partiti tradizionali.
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