I delusi della sinistra
«Non siamo giovani. Siamo diversamente anziani». Marco e Saverio, 29 anni, se la ridono, guardandosi intorno scoprendo di essere ‘la giovanile’ del «soggetto politico nuovo» che di lì a poco verrà battezzato Alba. È un acronimo, ma le battute dei ragazzi – che ci sono, solo che non solo maggioranza – si sprecano. Marco Voleano, di Terni, precario in una casa editrice, e Saverio Monno, studente che già si definisce disoccupato, spiegano che se i loro coetanei non sono arrivati è perché «per sapere dell’incontro o sei allievo di Ginsborg o leggi il manifesto». Se no non lo sai. «Ma no, è che i giovani si stanno vedendo l’assemblea dal mare sul tablet in streaming», attaccano Davide e Lorenzo, 24 e 25 anni, di Prato. Oggi inizia il ponte del primo maggio, fuori dal PalaMandela il sole incoccia. «I ragazzi si fanno sedurre dai guru, meglio se della rete», dice Lorenzo. «E poi la sinistra è in coma, se ti avvicini ti senti subito in dovere di curarla. Invece Grillo ti urla: non c’è più destra, non c’è più sinistra, ci siamo solo noi», dice Marco.
È un fatto: la platea è in maggioranza over 40. Twitta mentre ascolta. I commenti vanno in diretta sui maxischermi. L’effetto è il dibattito e il suo doppio, fa molto sinistra e molto vintage. Tweet: «In platea troppe facce note per aver devastato i partiti della sinistra». Risposta: «Meglio un vecchio intelligente che un giovane stupido».
Gli orfani dei partiti sinistra
Stefano e Gabriella, bella coppia di fiorentini, dopo la scissione di Rifondazione (la seconda, quella del ’98) si sono tenuti alla larga di partiti. Movimenti, tanti: girotondi, viola, Se non ora quando. Cani sciolti. Quando hanno letto del «soggetto politico nuovo» si sono detti: fosse che fosse la volta buona, sottinteso che si ricomincia. «Siamo venuti a vedere». Stesso discorso per Dora e Paolo, di Livorno. Lui Prc, lei Unione Inquilini, «ma lo sfavamento verso i partiti è lo stesso», giurano. La platea è zeppa di uomini e donne come loro: ceto medio riflessivo dieci anni dopo (le «pancere nere» le sfottevano all’epoca i ragazzini), delusi dalla sinistra ma irriducibili al dipietrismo, incompatibili con il grillismo, sarcastici con il nuovismo. Tweet: «Abbiamo l’età media di chi ne ha viste tante». Dal microfono, il sociologo Revelli: «Siamo qui perché gli altri hanno fallito». Per questo la platea non concede applausi facili, tranne che non si nomini la Fiom o non si dica «staccare la spina a Monti»: non è mancanza di entusiasmo, né tristezza né stanchezza: chi ne ha sentite sparare tante non si scalda per il primo che passa. Seleziona, ragiona. «Qui siamo in 1400, ma la metà esatta è venuta per ascoltare, senza aver firmato il manifesto fondativo», dice Massimo Torelli, instancabile organizzatore del primo appuntamento fiorentino. Insomma, è tutta gente a caccia di una sinistra in cui impegnarsi. Quindi magari non si spella le mani, ma è pronta a rimboccarsi le maniche per «un nuovo inizio vincente» (Paolo Cacciari).
Il nuovo partitino no
«A patto che non sia l’ennesimo partitino», questa è la parola d’ordine che circola ovunque, dal microfono alla platea. Tanto più che in platea circolano tanti ex qualcosa. E qui però le opinioni si divaricano. «Serve una rete di relazioni, di connessioni, per fare insieme le battaglie. Noi a Torino già lavoriamo così» dice Michele Curto, provenienza Libera di don Ciotti, ora consigliere comunale e segretario di Sel. E indica una fila, molto avanti: c’è il magistrato Livio Pepino e Giorgio Airaudo, Fiom. Ma il tema dell’«appartenenza plurima» (Paul Ginsborg) è un nodo. E non tanto per i partiti che si mettono in posizione di ascolto – l’«interlocuzione» di Sel la esprime Nicola Fratoianni, braccio destro di Vendola, la «disponibilità » a una federazione a nome del Prc la esprime il segretario Ferrero, che però a una ‘federazione della sinistra’ aderisce già . «Io non so chi votare, un contenitore della sinistra plurale lo voterei volentieri», dice Virginia, di Prato, 38 anni. L’assessore napoletano Lucarelli – che viene dalla giunta di De Magistris, sua la proposta delle ‘liste civiche nazionali’, lo dice esplicitamente: l’ambizione guarda al 2013. E il voto alle politiche diventa una tale ossessione nei capannelli, che Torelli dal microfono esorta: calma, abbiamo appena cominciato a discutere. Perché una cosa è ragionare su una rete «di comuni per i beni comuni», che funziona da Napoli a Corchiano (provincia di Viterbo, patria della nocchia, ne racconta la realtà il sindaco Bengasi Battisti). Un discorso che vive già in alcune liste civiche che la prossima settimana vanno al voto (Parma, Piacenza, L’Aquila, Lecce), e che può camminare ancora. Un’altra è l’accelerazione verso un ‘soggetto politico nazionale’, che al primo incontro genera dubbi e diffidenze. Di ogni tipo: come quella del vignettista Staino che ascolta perplesso, a quella di Rosario, che è venuto da Catanzaro, con la sua incrollabile «volontà di fare politica. Se solo trovassi un soggetto politico nuovo».
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