Grande corteo, piccole assenze
ROMA – Un grande corteo come non si vedeva da anni, una giornata di festa ma anche una giornata per ricordare che nella Capitale le minacce fasciste non sono confinate nei (brutti) ricordi. Sul palco sistemato sotto la piramide Cestia sono salite le vittime delle ultime aggressioni, dal consigliere municipale del Pd che ha riconosciuto i suoi aggressori nei militanti di Casa Pound agli studenti del liceo Righi picchiati a freddo da esponenti dell’estrema destra. Mentre sui muri della città , anche negli spazi delle affissioni comunali, ci cono ancora i manifesti anonimi che inneggiano alla repubblica di Salò: il sindaco ha dimenticato di farli rimuovere.
Non c’era, come annunciato, Gianni Alemanno, non c’era neanche Renata Polverini che invece aveva detto che sarebbe stata presente. All’ultimo momento ha spiegato di essere stata sconsigliata proprio dall’Anpi che ha organizzato il corteo. Niente affatto, è stata la replica dell’associazione dei partigiani, è stata lei a mettere avanti altri impegni istituzionali. Certo ci sarebbero state contestazioni, Polverini ha preferito evitarle. Nei prossimi giorni ci sarà un incontro in Regione tra la presidente e i rappresentanti dell’Anpi. Alla fine anche il presidente della provincia Zingaretti ha ripiegato su celebrazioni più istituzionali «per tutelare il corteo dalle polemiche». La corona di fiori della provincia è rimasta comunque l’unico segno di partecipazione delle istituzioni locali al 25 aprile.
C’erano però tante donne, tanti uomini e tantissimi giovani. Dietro gli striscioni di partito – Pd, Sel, Rifondazione e Comunisti italiani – e attorno alle insegne delle associazioni di base. Lavoratori di Cgil, Cisl e Uil e tante sigle delle realtà in lotta, per il lavoro e per i beni comuni, per l’acqua pubblica e per il no all’Alta velocità . C’erano soprattutto gli studenti, medi e universitari con le vecchie canzoni partigiane imparate a memoria. Nel corteo nessun rimpianto, al contrario sollievo per l’assenza del sindaco e della presidente della provincia. Per Polverini un manifesto: «Parla come mangi, chiamaci “zecche” anche oggi». E invece la presidente ha cantato Bella ciao e ha definito, come già Fini, il fascismo «male assoluto»; ma tutto questo alla radio.
Non ha rinunciato invece alla polemica con l’Anpi, che pure in un primo momento aveva ringraziato per averla invitata ma sconsigliata dall’intervenire. Poi, di fronte alla smentita del presidente della sezione di Roma direttamente dal corteo, che assicurava come «avremmo garantito la sua sicurezza alla testa del corteo», Renata Polverini ha invece giurato di avere notizie certe sulla presenza di «violenti». E alla fine ha fatto la vittima, rammaricandosi perché «anche quest’anno la giornata non è stata vissuta nel segno dell’unità » e addirittura dando dei «fascisti» a chi l’avrebbe, eventualmente, contestata. Dal palco invece i rappresentanti dell’Anpi hanno ricordato come nelle città dove si vuole dare il giusto peso alla ricorrenza i partigiani vengono invitati e festeggiati nelle sedi del comune.
Bandiere rosse e bandiere tricolori lungo il percorso partito dal Colosseo e arrivato a Porta San Paolo, lì dove le lapidi ricordano il primo episodio della Resistenza romana e italiana: la battaglia che oppose migliaia di civili e di soldati dell’esercito abbandonati dai vertici militari all’esercito tedesco il 10 settembre 1943. Ma ieri c’erano anche vessilli dello stato d’Israele, i fazzoletti degli ex deportati, i simboli della pace e uno striscione semplice semplice in apertura di corteo: «I partigiani».
Assenti in piazza, Polverini, Alemanno e Zingaretti hanno invece accompagnato il presidente del Consiglio nella sue visite ufficiali in città . Al museo storico della Resistenza, Mario Monti ha stabilito un ardito parallelo tra la Resistenza e l’oggi. Come nella Liberazione, ha detto, «riusciremo a superare le difficoltà economiche e sociali se tutti lavoreremo nell’interesse del paese e del bene comune». E al sacrario delle Fosse Ardeatine quando gli sono state ricordate le parole di Giorgio Napolitano che aveva definito quello «un luogo della memoria ineguagliabile» ha commentato: «Speriamo che rimanga così».
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