Giovane, di destra, odia banche e gay ecco l’identikit della camicia verde
ROMA – Il suo cuore batte a destra. A volte si scopre estremista.
Diffida delle coppie gay ed è contrario a concedere pari diritti agli immigrati. Odia banche, giudici e sindacati, ma si fida dei partiti. È un vero militante: almeno una volta negli ultimi cinque anni è stato a Pontida. È l’identikit della camicia verde: un popolo di 182mila iscritti e 1.441 sezioni (995 tra Lombardiae Veneto) che, pur squassato dai recenti scandali, conferma il suo attivismo nel partito. A fotografare i militanti della Lega è un’inchiesta di due giovani ricercatori dell’istituto Cattaneo di Bologna, Gianluca Passarelli e Dario Tuorto, che nel 2011 hanno intervistato circa 350 iscritti al Carroccio (“Legae Padania. Storie e luoghi delle camicie verdi”, in libreria oggi per il Mulino). Il risultato? Per la prima volta la Lega viene raccontata dai leghisti.
TANTI EX MISSINI Le camicie verdi sono per lo più (75%) uomini, giovani (il 39% ha meno di 40 anni), diplomati (60%), ma anche laureati (20%), lavoratori autonomi (37%). Quasi la metà ha ricoperto incarichi da consigliere comunale o provinciale, assessoreo sindaco. Che orientamento avevano prima di aderire al Carroccio? Il loro voto si divide in modo equilibrato tra Dc, Psi, partiti “laici” (Pli, Psdi e Pri).
Ma quello che più balza agli occhi è l’alto numero di ex missini (9%) e il basso di ex elettori del Pci (3%).
Non per niente, tutti i dati della ricerca sono concordi: eletti, iscritti ed elettori della Lega posizionano se stessi e il partito all’estrema destra dell’arco politico.
MILITANTI ATTIVI La loro è una militanza attiva: oltre la metà incontra esponenti del partito almeno una voltaa settimanae un quinto più voltea settimana. Il 40% partecipa regolarmente alle manifestazioni elettorali e alle feste di partito. Non solo. Le camicie verdi sono attente alle evoluzioni della politica e il 77% legge un quotidiano tutti i giorni: «Non trova quindi riscontro – scrivono i due ricercatori – l’immagine di un partito strutturato solo attorno a una base grezza, priva di strumenti cognitivi adeguati». E ancora: si fidano dei partiti (gli sfiduciati sono il 55%, ben al di sotto della media nazionale), del parlamento e del presidente della Repubblica. Mostrano ostilità verso banche, magistrati e sindacati. Solo una minoranza (il 40%) è disponibile a concedere pieni diritti agli immigrati, una quota più ridotta (il 22%) è favorevole a estendere alle coppie gay i diritti degli eterosessuali. Gli iscritti dichiarano un’appartenenza locale, al comune (44%), alla regione (34%), alla provincia (10%) in cui vivono. Solo una minoranza segnala l’Italia come contesto principale di riferimento (3,5%) DAI “QUALUNQUISTI” AGLI “ESTREMISTI” La ricerca individua quattro tipologie di militanti. I “qualunquisti” (sono il 19%) partecipano poco alla vita del partito, sono interessati al federalismo e a pagare meno tasse. I “conformisti” (26%), caratterizzati da un’alta consapevolezza politica, si collocano a destra, temono l’immigrazione, ma sono radicali più per conformismo che per convinzione. I “conservatori” (26%), per lo più operai, hanno una collocazione politica meno a destra e meno estremista, attenti ai temi sociali e del lavoro. Infine gli “estremisti” (29%), politicamente consapevoli, con un forte tratto autoritario, si collocano sul versante della destra più estrema.
IL FUTURO SENZA BOSSI Con il leader i militanti hanno una relazione simbiotica: «Solo il carisma di Bossi ha indotto la base ad accettare alcuni riposizionamenti contraddittori della Lega» e solo la «sua leadership ha tenuto a bada le due anime, la fazione movimentista e quella riformista, che non si sono mai del tutto integrate nel partito».
Che ne sarebbe allora di una Lega senza Bossi? Per i due ricercatori «è plausibile ipotizzare una grave emorragia di consensi, ma è anche ragionevole ritenere che, visto l’insediamento diffuso capillarmente in tutto il Centro-Nord, la Lega potrebbe sopravvivere al suo capo istituzionalizzandosi».
In questo frangente non è però da escludere una scissione, con «l’uscita di una cospicua componente decisa a costruire il partito ortodosso e antagonista, richiamandosi esplicitamente alle origini del movimento».
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