Giallo sul reinserimento degli esodati “Quegli accordi si possono annullare”
ROMA – E adesso c’è da mettere nero su bianco un’intera riforma. Dopo la semi-intesa raggiunta dieci giorni fa con le parti sociali a Palazzo Chigi, dopo le polemiche che hanno quasi mandato per aria la maggioranza. La missione in Oriente è conclusa, il premier Monti rientrerà dalla Cina nella tarda serata, ma il governo è già proiettato sulla riapertura del dossier lavoro. Primo briefing del Professore con i componenti dell’esecutivo che hanno curato il ddl e poi già domani, con molta probabilità , un Consiglio dei ministri. Anche se – spiegano dalla Presidenza e dal ministero della Fornero – non è previsto un nuovo passaggio del documento dal tavolo del cdm.
Il capitolo “Art. 18” è tutt’altro che risolto, Pd e Pdl sono ancora sulle barricate, e ieri si è riaperta la grana «esodati». Sono i lavoratori che hanno lasciato il loro posto dietro incentivi aziendali, ma prima che la riforma pensionistica innalzasse l’età pensionabile. Secondo il sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo l’«esodo» potrebbe tornare in discussione e i lavoratori potrebbero opporre la nullità dell’accordo sottoscritto «secondo i principi generali dell’ordinamento», in quanto con la riforma sarebbero «cambiate le condizioni che hanno legittimato l’intesa». Il governo non «lascerà per strada» questi lavoratori, promette. Ma poi in serata precisa di essersi limitato a sollevare il caso, per far capire come il problema sia sotto esame, ma non c’è una presa di posizione ufficiale e già adottata dal governo. Un rischio caos che Casini gli ha rimproverato, in una fase così delicata.
Il testo della riforma approderà al Senato – dopo le ultime messe a punto informali – per iniziare l’iter parlamentare. Che potrebbe concludersi, stando alla previsione fatta ieri dal presidente Renato Schifani a Sky, entro 30-40 giorni. «Siamo pronti a lavorare giorno e notte – assicura – non sono i tempi ordinari del Parlamento a frenare la riforma, l’importante è che la maggioranza trovi una sintesi». Della necessità di una «soluzione condivisa il prima possibile» tra le parti coinvolte parla anche Pier Ferdinando Casini, perché sul lavoro si rischia di «insabbiare» il governo. Già , ma una sintesi al momento appare ancora lontana. E la partita lavoro nel suo complesso è ancora aperta. Tant’è vero che a margine delle celebrazioni della Domenica delle Palme, anche il presidente della Cei Angelo Bagnasco ha espresso l’auspicio che sulla riforma e sulle norme sui licenziamenti ci sia «un ulteriore approfondimento per arrivare a soluzioni migliori e il più possibile condivise». L’ultima parola spetterà com’è ovvio al presidente del Consiglio che intanto nella penultima giornata del suo road show in Cina ha avuto colloqui con il vicepremier Li Keqiang – considerato dai più il prossimo leader – e con il governatore della Banca centrale cinese Zhou Xiaochuan. Economista, anche quest’ultimo, che il premier italiano aveva in passato già conosciuto a Cernobbio. Con entrambi, Monti ha sottolineato come ritenga un indicatore decisivo per valutare la ripresa e il successo delle riforme non solo l’andamento dello spread, ma anche la percentuale degli investimenti cinesi in Italia. «Perché se la seconda economia del mondo investe su di noi, vuol dire che le cose stanno andando bene» è la tesi. Il Professore ha rivolto all’establishment cinese l’invito a diventare “stakeholders” dell’Italia, sorta di azionista del nostro Paese, tramite appunto acquisto di titoli e investimenti. Magari dopo aver verificato la bontà e l’efficacia delle riforme – lavoro in testa – che il suo governo sta realizzando. «Perché se la Cina aiuta l’Europa – è la dottrina esposta dall’economista Monti ai suoi interlocutori orientali – in realtà aiuta anche se stessa». E dire che in mattinata, a Milano, il capogruppo Pdl al Senato Gasparri, partecipando alla festa del Secolo d’Italia, sosteneva al contrario che «la Cina per noi è una rovina, altroché speranza: fa concorrenza sleale e ammazza le nostre aziende». Ma il premier è lontano dalle polemiche italiane, dopo l’intervento ad apertura del Forum di Boao, la Davos asiatica, rientrerà in Italia.
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