Fratelli musulmani, voltafaccia d’Egitto
I giornali egiziani ieri gareggiavano nel raccontare i retroscena della decisione presa dai Fratelli musulmani di presentare un loro candidato, Khairat Shater, numero due dell’organizzazione, alle prime presidenziali del dopo-Mubarak che si terranno il 23 e il 24 maggio. Decisione caduta come un macigno su di una scena politica già segnata dalle polemiche roventi sulla composizione dell’Assemblea Costituente e che è stata criticata anche da non pochi esponenti del movimento islamista, specie quelli più giovani. Il quotidiano Tahrir ha parlato di una «trappola» tesa dalla confraternita alla giunta militare al potere. Secondo il giornale i generali avevano accettato di concedere l’amnistia a Shater – condannato a sette anni di prigione nel 2007 con l’accusa di avere addestrato militarmente studenti dell’università di al Azhar – in cambio dell’appoggio della confraternita a Mansour Hassan, il candidato alle presidenziali delle Forze Armate. Ma i Fm, aggiunge Tahrir, si sarebbero rimangiati la parola per punire i militari che continuano ad opporsi alla formazione immediata di un governo a guida islamista. Per un altro quotidiano, al Shorouk, Shater due mesi fa avrebbe discusso della sua candidatura addirittura con il senatore americano John McCain, il quale gli avrebbe detto che gli Stati Uniti non si oppongono ad un presidente islamista dell’Egitto. Per Noha Ennawi, del sito Egypt Independent, la decisione di candidare Shater potrebbe essere una operazione di facciata per coprire un patto strategico tra i militari e la più importante forza politica del paese.
Sia come sia, dopo la conquista del Parlamento e aver preso il controllo della Costituente (assieme ai salafiti), i Fratelli musulmani, ora vogliono anche la presidenza. E non hanno esitato a provocare un terremoto in Egitto. Dopo la caduta dell’ex raìs Hosni Mubarak, i Fm avevano annunciato di voler sostenere la candidatura unitaria di un musulmano ma senza un legame particolare con una determinata forza islamica. E con questa motivazione avevano espulso Abdel Monen Abul Fotouh, uno degli esponenti più prestigiosi del movimento, che aveva deciso di candidarsi. Non è da escludere che tra i tanti motivi della discesa in campo di Khairat Shater ci sia anche la volontà di contrastrare la corsa per la presidenza dello sceicco Hazem Abu Ismail, una salafita che fa il bagno di folla tutte le volte che visita una città egiziana.
Khairat Shater ha tutte le carte in regola per vincere perché è un «peso massimo» della politica e dell’economia (è molto ricco ed è un uomo d’affari di grande successo) e gode di consensi enormi nelle strade del paese. La sua candidatura peraltro attirerà il voto di tanti musulmani che seppur praticanti non accettano l’estremismo dei salafiti e sono favorevoli al dialogo con tutti gli egiziani. Crollano di conseguenza le possibilità di Amr Musa, l’ex segretario generale della Lega araba, dato in vantaggio da un sondaggio condotto dal centro al-Ahram di studi politici e strategici del Cairo. Ma si tratta di un’indagine svolta tra il 25 e il 29 marzo, quindi precedente alla candidatura di Khairat Shater. Musa per contrastare i rivali islamisti dovrebbe puntare a diventare il candidato unico dei laici e delle sinistre. Ma anche in quel caso – improbabile – difficilmente riuscirà ad essere competitivo.
A poco più di un anno dalla caduta di Hosni Mubarak, si intravede all’orizzonte un Egitto dominato dalle forze meno protagoniste della sollevazione contro dell’ex dittatore e alle successive fasi legate ai rapporti tesi tra i rivoluzionari e la giunta militare. I giovani egiziani ancora ricordano la neutralità di fatto dei Fratelli musulmani durante le settimane di scontri tra dimostranti ed esercito in Piazza Tahrir costate la vite a decine di persone. Uno sbocco amaro ben descritto da Mohammed ElBaradei, ex capo dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica, sul suo profilo Twitter. «Gli egiziani hanno sacrificato le loro vite per la libertà e la dignità , non per l’autoritarismo militare o religioso, non per la tirannia di una maggioranza. È una situazione che spezza in cuore». ElBaradei che intendeva partecipare alle presidenziali, nelle scorse settimane ha ritirato la sua candidatura.
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