by Editore | 23 Aprile 2012 11:37
«Le ho passato il testimone, lei corre più veloce di me». Ha ragione, Jean-Marie Le Pen. Sua figlia Marine, quella che «non solo ho fatto – dice papà – ma che ho anche scelto», ha portato il Front National dove nemmeno lui c’era riuscito in quasi40annidistoriapolitica. La grande sorpresa di questo primo turno ha infatti il volto sorridente incorniciato dai capelli biondi di Marine Le Pen, il «terzo uomo» della tornata elettorale. Forse la vera vincitrice.
Un quinto degli elettori ha votato per lei, per le sue ricette ultra-protezioniste e per la sua «precedenza ai francesi» nei posti di lavoro e nelle case popolari. Esattamente dieci anni (e un giorno) fa, suo padre aveva eclissato il socialista Jospin, conquistando il 16,86% e soprattutto la sfida con Chirac al ballottaggio (costringendo gli elettori di centrosinistra a votare per quest’ultimo). Ieri lei ha fatto molto di più: ha messo nell’angolo il «vicino di casa» Sarkò, sommerso dai fischi dei suoi sostenitori ogni volta che il suo volto appariva sugli schermi nel quartier generale del Front National. «Siamo la vera opposizione alla sinistra» grida Marine dal palco. Parla dell’Ump come di «un partito indebolito» e subito scattano i «buu», dice che «niente sarà più come prima» e i suoi «patrioti» si spellano le mani. Poi prende in prestito lo slogan rosso del maggio 68: «Ce n’est qu’un début, continuons le combat» («Siamo solo all’inizio, continuiamo la battaglia»). E via con l’«allons enfants» della Marsigliese.
Due spinte le hanno permesso di correre più veloce del padre in questa staffetta che ha portato l’estrema destra nel punto più alto della sua storia. Pur senza passare per moderata, l’avvocato 43enne ha smussato gli spigoli di quel partito razzista e xenofobo che JeanMarie le aveva lasciato in eredità un anno fa. E questo è senza dubbiomeritosuo. Madicertoil contesto l’ha agevolata. Rispetto ai tempi in cui il protagonista era papà , il cappio della crisi si è stretto attorno al collo dei francesi. E fa niente se «Monsieur le Président» dice che «altrove è peggio». Gli «operai, i pescatori, gliartigianieicommercianti», a cui Marine si rivolge dal palco, non guardano a Est (verso l’Italia e la Grecia) e nemmeno a Ovest (Spagna e Portogallo). Guardano nelle loro case, nelle loro tasche. Nelle loro buste paga che sono sempre più leggere. Per chi ancora ne ha una. Non è uncasoche, secondoglianalisti, il voto al Front National sia arrivato proprio da quelle aree più colpite dalla crisi.
Ora il destino della Francia è legato a quel 20% di elettori. Sono loro, i «nemici di Sarkò», l’ago della bilancia in vista del ballottaggio. Il 6 maggio molti di loro andranno «à la pàªche», si asterranno. Un sondaggio rivela che il 52% sceglierà Sarkò, ma il 27% dice di voler mettere la croce su Hollande. La domanda è scontata: che indicazioni darà Marine? Turarsi il naso per scongiurare la «minaccia socialista», presentando poi il conto a Sarkozy in caso di un’eventuale vittoria (con la consapevolezza che un eventuale flop rischierebbe di avere ripercussioni sul Front National alle prossime legislative di giugno)? Oppure scatterà il «liberi tutti» per non immischiarsi nella sfida tra «i due partiti delle banche, delle finanze, delle multinazionali»? La risposta arriverà in place de l’Opéra, a Parigi, il 1° maggio. Il giorno della festa dei lavoratori. Quelli strozzati dalla crisi.
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