by Sergio Segio | 20 Aprile 2012 14:53
Certo sarebbe straordinario se Mélenchon sopravanzasse Marine Le Pen, conquistando il terzo posto. Ma qualunque cosa diranno in questi tre giorni i sondaggi, va sempre premesso che, in genere, il FN è sottovalutato di 3-5 punti, e che nel 2002 arrivò al secondo turno, davanti ai socialisti. Insomma anche i fascisti non amano dirsi fascisti, un po’ almeno si vergognano, e quest’anno per di più Marine Le Pen sta facendo un doppia campagna elettorale, se per un verso solletica come da tradizione gli umori xenofobi e razzisti, per l’altro si professa alfiera della giustizia sociale contro i “borghesi” che affamano il popolo. E in buona misura funziona. Tra l’altro qui sta uno dei nodi del problema cui il Front de Gauche in questa campagna elettorale ha finalmente messo mano: quello delle classi popolari, a cominciare dagli operai, che la sinistra da anni lasciava in balia del Fronte Nazionale.
Per la prima volta persone e militanti di sinistra sono tornati nei quartieri abitati dai poveri, e dagli sfruttati, hanno percorso le banlieue, anche quelle più difficili, obbligando pure i socialisti a esserci, persino Hollande ha comiziato in qualche periferia parigina. Un altro nodo è stato l’iniziativa di strada, l’azione politica rompendo così gli argini della pura propaganda per diventare lotta, e su questo si è innestata la presenza sindacale, della CGT innanzitutto e in modo massivo, però non sono mancate le bandiere della CFDT, nonostante gli strali di Sarkozy. E non era mai accaduto nelle altre campagne, almeno dalla storica vittoria di Mitterand nell’81. Insomma le manifestazioni del Front de Gauche sono diventate il luogo delle lotte, da quelle nella scuola a quelle operaie, il veicolo per fare conoscere le proprie rivendicazioni e la propria forza. Questo del ritorno degli operai e più in generale dei lavoratori sulla scena è un altro dei meriti del Front de Gauche sul piano politico. Quando il candidato Philippe Poutou, candidato del Partito Anticapitalista, operaio dell’auto, parla a France 2, la prima televisione pubblica, prende applausi a scena aperta dalle persone che assistono. Cosa mai vista nelle compassate tribune politiche in tempo di par condicio, non applaudono il candidato, applaudono l’operaio, così come pochi giorni prima i parigini avevano fatto ala ai venti operai metallurgici di Arcelor Mittal arrivati sotto la tour Eiffel dopo una marcia di centinaia di chilometri. Si coglie in generale un’ansia, un desiderio, una volontà di uguaglianza, e di giustizia sociale, una sorta di vento che sembra spirare sulla società francese. Inoltre ci sono le parole d’ordine che mordono: prenez le pouvoir, l’insurrezione citoyenne da riversare nelle urne per aprire la strada alla VI Repubblica, e lo SMIG, il salario minimo da portare a 1700 euro, oggi vale 8.86 euro lordi l’ora, cioè 1348.80 euro lordi al mese (ricordo che sono ancora in vigore le 35 ore), rivalutato ogni primo gennaio secondo un indice per tenere conto dell’inflazione. Certo però quando Mélenchon tuona: vogliamo la Repubblica Sociale a un italiano vengono i brividi, e anche quando batte e ribatte: la Repubblica Francese è universale, travestendo così il nazionalismo di molta parte dei suoi discorsi nel ruolo generale, mondiale, della Francia, altri brividi. I popoli berberi saranno fratelli come ripete, ma ciò non toglie che sia poi la Francia, certo la Francia rivoluzionaria, a essere il faro la cui luce illumina tutti, berberi e magrebini in primis è ovvio, perché Mélenchon non dimentica di essere nato a Tangeri, sulla sponda sud del Mediterraneo.
È parecchio più incerto sull’ecologia, sebbene negli ultimi giorni parli di “regola verde” contrapposta alla “ regola d’oro”, quella della parità di bilancio voluta dal duo Sarkozy Merkel. Per il nucleare dice: si tratta di aprire un grande dibattito nel paese, che potrebbe sfociare in un referendum, senza sbilanciarsi troppo. Infine funziona l’elemento dell’unità : sempre la sinistra estrema francese, di tutte le tendenze, è stata attorno al 10%, soltanto era frantumata in quattro o più gruppi. Oggi sopravvivono il Partito Anticapitalista, Lutte Ouvriere e poco altro perché il grosso si è federato nel Front de Gauche, moltiplicando così le sue energie. Infine tutti si domandano se domani il Front de Gauche sarà ancora in piedi, specie se Hollande dovesse perdere, il che se non probabile certo è possibile. Incontro due vecchi militanti PCF a Marsiglia. Si parla della grande manifestazione sulla spiaggia del Prado, ma non sono contenti. Mugugnano poi sbotta uno: almeno la metà stavano lì per moda, cantavano, mangiavano parlavano tra loro, i ragazzi baciavano le ragazze, non si fa così, contro la decapitazione sociale, proprio così quello che per noi è la macelleria sociale qua diventa decapitazione! Sarà dura, bisognerà mettercela tutta e ci vuole disciplina, questi non sono disciplinati. Arriva l’altro: Mélenchon ha votato Maastricht quando era socialista, da lì viene la decapitazione sociale, dall’Europa che hanno voluto i socialisti, adesso è facile farsi applaudire ma io non me lo dimentico mica, e scuote la testa. Insomma, se ben capisco, il che non è certo perché parlano e imprecano in marsigliese stretto, la lotta sarà dura non solo fuori contro la destra, ma anche dentro il Front de Gauche.
Sperando che non sia ancora una volta fratricida, saluto i miei amici comunisti e incrocio le dita per il voto al primo turno.
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