E il Professore ammette i guai del capitalismo

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Un piano sequenza strepitoso, da film sovietico degli anni Trenta: in un grandissimo anfiteatro alla periferia di Pechino, millecinquecento quadri della Scuola Centrale del Partito comunista cinese attendono, in giacca e cravatta e in silenzio, l’imminente arrivo del presidente del Consiglio italiano, che sarà  accompagnato dal compagno Li Jingtiam, vicepresidente della Scuola.
Finalmente, i due compaiono, sono salutati da un cortese applauso e vanno a collocarsi ” dentro” una scenografia che oramai esiste soltanto qui: Monti e il vicepresidente si siedono su un tavolo piccolissimo, dietro al quale campeggiano due bandiere di Cina ed Italia, stese in verticale, affiancate, appena stirate, mentre alle loro spalle scorre una lunghissima tenda. Color verde acqua. In questa scenografia da realismo socialista, il professor Monti si produce in uno ” numero” spiazzante, la provocazione intellettuale che non ti aspetti.
Accade quando uno degli ” studenti” cinesi chiede al Professore se non creda che il sistema capitalistico sia entrato in crisi e Monti risponde così: «In crisi? In parte sì… e vengono i brividi a dire queste cose …. Ma oramai siamo tutti privi di pregiudizi ideologici. Credo che il sistema capitalistico come principio di organizzazione delle attività  economiche, abbia molti, molti, molti punti di vantaggio, comprovati dalla storia, rispetto al sistema all’ epoca instaurato nell’Unione sovietica… ». Poi si ferma e dice all’interprete: «Forse possiamo far tradurre fin qui… ». Monti, cui non fa difetto la piena consapevolezza della sua intelligenza, pregusta il colpo di scena e infatti non appena l’interprete racconta in cinese la frase appena pronunciata, tra i millecinquecento si diffonde un brusio di piacere.
Ma Monti è Monti e la sua affabulazione, ormai si sa, si scandisce sempre in due tempi, il primo è sempre accattivante, il secondo di solito è più secco. E infatti il presidente del Consiglio completa così il suo pensiero: «Tuttavia credo che ogni sistema evolve e migliora, se è sostenuto da qualche sfida competitiva. Il sistema capitalistico è stato sotto sfida fino al 1989, credo che abbia vinto perché era migliore e quando è diventato monopolista, si è rilassato». E più tardi, oramai tornato in territorio italiano, in ambasciata, Monti spiegherà  ancora: «Non ho affatto detto che il modello comunista è vincente ma l’esatto contrario cioè che i difetti che abbiamo visto nel sistema capitalistico, tipo un eccesso di briglie sciolte nel campo finanziario, o una disattenzione grande ai temi della distribuzione del reddito, sono difetti che si sono sviluppati soprattutto quando il capitalismo, aggiungo per fortuna, è uscito vincitore col comunismo di stampo sovietico. Ora la Cina è un sistema basato sul mercato vissuto integralmente, senza le caratteristiche di democrazia necessarie».
Naturalmente non è da credere che l’esternazione di Monti sia avvenuta in un luogo naif. Di antico alla Scuola Centrale del Partito comunista cinese ci sono la liturgia e la scenografia, ma tutto il resto, a cominciare dai corsi, cerca di essere al passo con i tempi: questa è una sorta di Ena, l’alta scuola della pubblica amministrazione francese che ha formato gran parte della classe dirigente transalpina. E infatti più tardi Monti lo dirà : «E’ stato un piacere intellettuale e un’emozione parlare davanti ad alti dirigenti dello Stato e delle Province». E infatti in questo anfiteatro avevano già  parlato Romano Prodi e Giorgio Napolitano. Naturalmente l’Ena è più che altro una suggestione, perché in queste palazzine tristi, a due, tre piani in stile sovietico, i quadri del partito sono costretti a tornare a cadenze biennali per corsi di aggiornamento che sono anche un modo per tenerli sotto controllo politico. Ma è pur vero che le domande che sono state poste al premier dagli ” studenti” sono state quasi tutte pragmatiche e non ideologiche, ben argomentate. La conferenza di Monti e le successive domande degli allievi erano stati preceduti da un breve incontro tra il presidente del Consiglio e il vicepresidente della Scuola, che aveva rispolverato dalla sua memoria un dettaglio davvero inatteso in un alto burocrate comunista: «Nell’ottobre del 2009 ero stato ospite della Università  Bocconi: ricordo una calorosa accoglienza e una cena abbondante».


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