Disoccupazione da record a febbraio tocca quota 9,3%

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ROMA – A casa un giovane su tre. Se poi si tratta di donne che abitano al Sud, a casa una su due. La disoccupazione vola, a febbraio ha raggiunto il tetto del 9,3 per cento: un dato mai visto da quando l’Istat, nel 2004, ha avviato le sue serie storiche mensili. Il record è già  di per sé allarmante, ma se si fa riferimento alla sola fascia di età  che va dai 15 ai 24 anni la questione diventa ancor pesante, perché i giovani senza lavoro sono ormai il 31,9 per cento, in aumento del 4,1 rispetto ad un anno fa. 
È su di loro quindi che la crisi si è abbattuta con maggiore forza, e ancor di più sulle ragazze visto che – stando ai dati degli ultimi tre mesi del 2011 – nel Sud il loro tasso di disoccupazione è lievitato al 49,2 per cento. La misura del fenomeno la danno però le cifre generali: a febbraio in Italia si sono contati 355 mila disoccupati in più rispetto all’anno prima, per un totale di 2 milioni 354mila persone che non hanno lavoro. Secondo l’osservatorio Confesercenti-Ispo, il 25 per cento delle famiglie italiane rivela di aver avuto a che fare con un caso diretto di disoccupazione o di cassa integrazione che ha colpito uno dei suoi membri.
In teoria, guardando all’Eurozona non siamo messi peggio degli altri, visto che Eurostat segnala un dato medio al 10,8 per cento, il livello di disoccupazione più alto dal 1997. In Spagna sta al 23,6, in Grecia al 21 per cento. Ma fare i conti con il 5,7 della Germania o il 4,9 dell’Olanda brucia. Anche perché la situazione – a sentire il direttore dell’Ufficio studi di Confindustria Luca Paolazzi – evolverà  in peggio «mano a mano che la cassa integrazione si esaurisce» e la crisi, secondo le imprese, ci potrebbe portare in tempi brevi al record del 10 per cento.
Il quadro tratteggiato dall’Istat è destinato a pesare come un macigno sul futuro della riforma del lavoro e in particolare sul destino dell’articolo 18. «Sono dati drammatici – ha commentato il leader del Pd Pierluigi Bersani – il punto di massima preoccupazione deve essere questo. E’ ora che ci occupiamo del lavoro, di fare girare i pagamenti delle imprese, di mettere in moto le opere pubbliche». Ancor più esplicita l’Idv: «Le cifre dell’Istat sono il macigno definitivo sul tentativo di manomettere l’articolo 18». La Cgil paragona i dati Istat ad una valanga: «Per tutti, anche per il governo, dovrebbe essere evidente che il problema è fermare i licenziamenti e non facilitare i licenziamenti, che “facili” lo sono anche troppo», commenta Fulvio Fammoni, segretario confederale. Ma Emma Marcegaglia, presidente in uscita di Confindustria, ribadisce la sua linea: «A chi teme che con la riforma dell’articolo 18 ci saranno licenziamenti di massa diciamo di venire giù dal pero. Siamo in recessione, dobbiamo lavorare su questo e soprattutto su una prospettiva di crescita».


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