by Sergio Segio | 6 Aprile 2012 13:50
VENEZIA – Il 5,5% della ricchezza del paese è garantito dalle 454mila imprese gestite da stranieri, che producono un valore aggiunto di quasi 76 miliardi di euro. Lo rende noto la Fondazione Leone Moressa di Mestre, che segnala come la Toscana sia la regione in cui il contributo degli stranieri alla produzione di ricchezza è maggiore (7,7%). Seguono l’Emilia Romagna (6,7%) e il Friuli Venezia Giulia (6,4%). In generale, il quadro nazionale presenta una spaccatura tra Nord e Sud: a eccezione dell’Abruzzo (quarto in classifica), il contributo degli immigrati è più forte al Centro e al Nord, mentre al Sud l’incidenza si ferma al 2,5% in regioni come la Campania e la Basilicata. Il valore maggiore in termini assoluti, invece, si ritrova in Lombardia, dove gli immigrati producono un valore aggiunto di 18,277 miliardi di euro. Seguono il Lazio (con 9,075 miliardi), il Veneto (8,182) e l’Emilia Romagna (8,108).
La maggior parte del valore aggiunto si deve al settore dell’edilizia (13,8%) e al commercio (10,1%). Meno incisivo il con tributo del manifatturiero (6,6%) e dei servizi alle persone (6,3%). Ma sono le aziende attive nei servizi alle imprese che nel complesso concorrono alla creazione della maggiore ricchezza in termini assoluti, con 21 miliardi di euro (il 27,6% del totale). A un’analisi più approfondita si nota che le regioni con il maggior contributo straniero alla creazione di valore aggiunto nell’edilizia sono la Liguria (21,5%), la Toscana (21,3%) e l’Emilia Romagna (21,1%). Nel comparto del commercio prevale invece la Calabria (13,5%), seguita dalla Sardegna (12,5%). La Toscana spicca invece nel comparto della manifattura (15,2%), mentre la Lombardia per i servizi alle imprese (5,9%) e alle persone (9,3%).
“Le imprese gestite da stranieri assumono personale, pagano le imposte, contribuiscono alla crescita complessiva del sistema nazionale, anche in periodo di crisi – sottolineano i ricercatori della Fondazione Moressa -. La loro sempre maggiore vivacità fa riflettere sul grado di integrazione nel tessuto economico e sociale, ma deve nel contempo porre l’attenzione sulla necessità di governare adeguatamente il fenomeno: non solo consentendo agli immigrati i medesimi strumenti offerti agli italiani, ma garantendo una concorrenza realmente reale tra tutti i soggetto che operano nel mercato nazionale”.
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