by Editore | 28 Aprile 2012 12:57
L’illustrazione dei risultati provvisori – per i definitivi ci vorranno ancora due anni di lavoro – è avvenuta ieri mattina mettendo in evidenza diverse notizie che nell’insieme danno un quadro chiaro, per quanto non bello. I precari che lavorano da anni per l’istituto hanno protestato a lungo, dentro e fuori la sede centrale, chiarendo che «l’uscita dei dati definitivi è incerta», se nel frattempo non verrà sanata la loro situazione. Non per «ricatto», ma perché è impossibile che persone di grandi capacità tecniche (a proposito, che ne dice il governo?) rimangano ancora a lungo in una condizione contrattuale indegna; potrebbero insomma finire a lavorare altrove…
Il secondo dato riguarda la popolazione complessiva (59,5 milioni di persone), cresciuta del 4,3% solo grazie all’immigrazione; la quale, pur triplicando in 10 anni, rappresenta il 6,34% del totale degli abitanti.
Molto di più è cresciuto il patrimonio immobiliare, sia ad uso abitativo (+5,8%) che come numero di edifici (addirittura +11%). Ma contemporaneamente – contravvenendo la più elementare delle leggi di mercato, quella che regola domanda e offerta – i prezzi sono quasi raddoppiato. Soprattutto, è triplicato il numero delle famiglie che vivono in baracche, roulotte o altri alloggi di fortuna.
In nessun luogo in Europa la dinamica immobiliare, in rapporto alla popolazione, presenta caratteristiche simili. Qui come da nessun altra parte, insomma, l’incrocio di interessi immobiliari e bancari si è incaricato di tenere alti artificiosamente i prezzi (sia per la vendita che per l’affitto) – in totale assenza di programmi di edilizia popolare, che in Germania o Francia coprono circa il 40% del patrimonio. Da questa tenaglia, con l’inizio della crisi (5 anni fa, negli Usa, e guarda caso proprio con l’esplosione dei mutui subprime, concessi per consentire ai prezzi di continuare a salire), sempre più famiglie vengono stritolate. Erano 23.336 nel 2001, sono diventate 71.036 nel 2011. Chissà se si farà avanti un Pasolini per raccontare questo mondo, l’unico davvero in «crescita».
Il quarto dato inequivocabile è il progressivo spopolamento del Mezzogiorno, con un’emigrazione interna – ma anche vero l’estero, stavolta però nelle fasce più acculturate della popolazione – che accompagna la fuga da quelle aree dell’impresa pubblica e privata. Il 46% degli «italiani» censiti vive al Nord, mentre al Centro restano in 19 e al Sud il 35. Il comune di Paludi, nel cosentino, ha registrato il record nel calo della popolazione: -41%. La conferma percentuale, in attesa dei dati di dettaglio, arriva subito: il 70% dei comuni settentrionali ha registrato un aumento dei residenti, il 60% di quelli meridionali ha segnato invece un bilancio in perdita. facile immaginare che se ne siano andati soprattutto i giovani scolarizzati. Il che disegna per il Sud un futuro molto più difficile. Ma questo fa il «libero mercato», lasciato a se stesso: concentra da una parte e spopola da un’altra.
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