Crollano i risparmi delle famiglie e le imprese non fanno più utili

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ROMA – Eravamo un popolo di risparmiatori. Ci avviamo a non esserlo più. Quella qualità  che ci avvicinava ai giapponesi non possiamo più permettercela. Nel 2011 i redditi delle famiglie sono cresciuti meno della spesa per i consumi (+2,1% contro un 2,9), mentre il potere d’acquisto è sceso di un altro mezzo punto percentuale. L’inflazione ha superato gli aumenti salariali e la propensione al risparmio delle famiglie non poteva che crollare. Lo scorso anno s’è fermata al 12 per cento, il valore più basso dal 1995, segnala un’indagine dell’Istat, con un taglio di 0,7 punti percentuali rispetto al 2010. E se il risparmio è in aumento di 0,3 punti percentuali rispetto al trimestre precedente, è però più basso di 0,8 punti percentuali se il confronto è con gli ultimi tre mesi del 2010. Non risparmiano le famiglie giovani (secondo uno studio del Censis solo il 28% di queste riesce a mettere qualcosa da parte) e la crisi sta intaccando anche le capacità  di risparmio dei più anziani, costretti a “mantenere” una schiera di ragazzi senza lavoro o che l’hanno perso, come ha certificato uno studio della Banca d’Italia. 
Giù il risparmio e giù anche i consumi. A febbraio, secondo la Confcommercio, la riduzione è stata dello 0,9 per cento rispetto allo stesso mese del 2011, ma è salita all’1 per cento rispetto a gennaio, facendoci tornare ai livelli minimi della primavera del 2009, in piena crisi economica innescata dai mutui subprime Usa e dal fallimento della Lehman Brothers. Si taglia su tutti i consumi, anche su quelli alimentari, scesi a febbraio 2012, secondo la Coldiretti, del 2,3 per cento. «Tradotto in cifre – secondo il Codacons – è come se una famiglia di 3 persone avesse avuto una perdita equivalente a 172 euro, una tassa invisibile da aggiungersi al quelle vere introdotte dalle varie manovre». 
Brutte notizie anche sul fronte delle imprese. La quota di profitto delle società  non finanziarie si è attestata al 40,4 per cento, il valore più basso dal 1995, con una riduzione di 1,1 punti rispetto al 2010. Aziende in ginocchio, con difficoltà  di accesso al credito, proprio mentre l’Ocse registra una contrazione del Pil nel quarto trimestre dello 0,7% dopo il – 0,2% registrato nei precedenti tre mesi dell’anno. Un dato, sintetizza l’Ocse, che è il peggiore tra i Paesi del G7, ed è inferiore alla media dei Paesi aderenti all’organizzazione parigina (0,2%). Un quadro recessivo che secondo Confcommercio rischia solo di peggiorare.


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