Crescita, Monti oggi vede i tre leader

by Editore | 17 Aprile 2012 7:08

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ROMA — È il momento cruciale per la «fase due» del governo, l’ora in cui bisogna sciogliere in fretta i nodi e mostrare i primi risultati sul fronte della guerra alla recessione. La parola chiave è «crescita» e sarà  questo il leitmotiv del vertice di stasera a Palazzo Chigi, quando Mario Monti metterà  a tavola, con tanto di cena, i leader dei partiti che lo sostengono. Ci saranno il ministro del Welfare Elsa Fornero e il responsabile dello Sviluppo, Corrado Passera. Nel menù, oltre ai ritocchi inevitabili alla riforma del Lavoro, un giro di orizzonte a 360 gradi sulle strategie di rilancio dell’economia.
«L’Italia non ha la bacchetta magica, da sola non può fare miracoli — così il leader del Terzo polo, Pier Ferdinando Casini chiederà  a Monti di premere sull’Europa —. Bisogna che anche la Germania si muova…». Con la delega fiscale intanto, approvata ieri dopo tre ore di Consiglio dei ministri, l’esecutivo ha messo ordine nell’intricato campo delle imposte. Una revisione complessiva che lascia intatta l’Irap — la tassa regionale sulle attività  produttive — e non tocca le aliquote Irpef, limitandosi a indicare come le eventuali risorse recuperate con la lotta all’evasione finiranno in un fondo col quale finanziare i futuri sgravi fiscali. La novità  è l’introduzione dell’Iri, una nuova imposta sul reddito imprenditoriale.
Al mattino Monti ha convocato i ministri economici per una riunione ristretta che in Parlamento molti hanno definito, più o meno scherzosamente, «un gabinetto di guerra». Il Pil è previsto in calo e un filo di preoccupazione avrebbe lasciato trasparire anche il presidente del Consiglio. Il vertice è stato breve, ma non abbastanza da scongiurare un nuovo confronto tra Passera e Fornero sulla riforma del Lavoro. Scintille che Monti, il quale non avrebbe gradito i distinguo di alcuni esponenti della sua squadra, ha rapidamente spento richiamando i suoi ministri al «rispetto» di una riforma costruita «tutti assieme». E che da tutti, dunque, va «sostenuta e portata avanti». Rivolta a Passera, Fornero ha ribadito il concetto. Ha detto di essere pronta ad accettare le critiche, ma non certo quelle dei ministri che «hanno condiviso la riforma». Nervi tesi, poi però la professoressa si è alzata e ha schioccato un bacio sulla guancia di Passera, che ha ricambiato con un abbraccio e la promessa che «la riforma sarà  approvata». Tornato il sereno, il ministro dello Sviluppo ha illustrato (a colpi di slide) un dossier di 70 pagine realizzato su Power point e zeppo di numeri grafici e tabelle. Un «piano per la crescita», dall’energia alle infrastrutture.
«Abbiamo avuto una bella riunione» ha commentato Fornero, smentendo che il premier abbia chiesto ai ministri di «abbassare i toni». Alla riunione della «task force» economica hanno preso parte Vittorio Grilli, Piero Giarda, Filippo Patroni Griffi, Francesco Profumo, Fabrizio Barca ed Enzo Moavero. Ed è stato lui, il responsabile degli Affari europei, ad annunciare che domani un Consiglio dei ministri straordinario approverà  il Piano nazionale delle riforme e il Def. Nel Documento su economia e finanza il governo fisserà  le stime per l’anno in corso e le previsioni del rapporto tra deficit e Pil non sono confortanti. Si parla di un calo attorno al punto e mezzo percentuale, eppure Moavero tranquillizza: «Ci saranno variazioni, ma non tali da determinare cambiamenti del quadro generale». Alle 19 saliranno a Palazzo Chigi i leader di Pd, Pdl e Terzo polo e Pier Luigi Bersani ha già  pronta l’agenda, chiederà  a Monti non grandi progetti ma «misure concrete» per creare, subito, nuovi posti di lavoro.
«Porremo la questione dello sviluppo, perché un Paese — è il monito di Angelino Alfano — non può solo tenere i conti in ordine pensando di restringere i cordoni. La crescita è una scelta obbligata». Sulla riforma del lavoro il segretario del Pdl non ha in mente strappi e intende sedersi al tavolo con una posizione costruttiva: «Vogliamo che la riforma sia approvata, ma non contro chi deve fare le assunzioni, perché sarebbe un controsenso».

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