Credit crunch, Passera in campo convocato vertice Abi-imprese
MILANO – Il riacuirsi della crisi sui titoli di Stato ha riportato l’attenzione su un aspetto strettamente connesso agli acquisti di bond governativi: l’utilizzo dei ricchi fondi della Bce, assegnati con le due aste di dicembre e di fine febbraio. Due i target ufficialmente dichiarati dalle banche: il sostegno ai titoli di Stato e una maggiore propensione alla concessione del credito. Proprio questo secondo aspetto – i finanziamenti alle imprese – sarà al centro di un incontro che il ministro dello Sviluppo economico Corrado Passera ha promosso per la settimana prossima. Il responsabile del dicastero infatti ha convocato l’Abi e le principali associazioni di categoria, per fare il punto sulle misure per la crescita economica e sui modi per affrontare le problematiche relative all’accesso al credito. Già ieri Passera si è incontrato con il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, e nei giorni scorsi aveva avuto diversi incontri tecnici.
Del resto, secondo i dati resi noti proprio ieri dall’osservatorio del Crif, che raccoglie i dati su oltre 8 milioni di posizioni creditizie di utenti business, nel mese di marzo c’è stata una timida crescita delle richieste di finanziamenti da parte delle imprese italiane. Secondo il Barometro Crif, lo scorso mese la domanda di finanziamenti ha fatto segnare un incremento del 5% rispetto a dodici mesi fa. Insomma, la spiegazione che “il cavallo non beve” non è più così veritiera, mentre le banche continuano ad essere restie a finanziare il sistema.
Occorre anche dire che la maggiore liquidità garantita dalle aste Bce al sistema bancario non è del tutto utilizzabile per concedere nuovi prestiti: le aste infatti hanno garantito liquidità alle banche – che ne erano drammaticamente prive – ma non ha migliorato i ratio patrimoniali (sono finanziamenti, non patrimonio e dunque non spostano il Core tier 1 richiesto alle banche) dunque non si trasformano automaticamente in maggiore capacità di erogare credito.
Al contrario le banche – in particolare quelle italiane e spagnole – sono fortemente esposte sui titoli di Stato nazionali. Quasi a conferma dell’allarme lanciato a cavallo di Pasqua dal New York Times, che aveva parlato della forte concentrazione di rischio che le banche italiane e spagnole si stavano assumendo, ieri a Piazza Affari i titoli bancari sono andati giù a candela (con cali superiori al 7%) proprio in considerazione del fatto che nei mesi passati hanno fatto incetta di bond dei rispettivi paesi. A fine dicembre nei forzieri delle banche italiane c’erano titoli di Stato per 251 miliardi, che erano saliti a 301,64 miliardi a fine febbraio. Un dato che tuttavia non comprende ancora l’effetto della seconda asta Bce. Alla fine dello scorso anno Intesa aveva titoli governativi italiani per 60 miliardi, seguita dai 38 miliardi di Unicredit, dai 26 di Mps e dai 6,5 miliardi di Bpm.
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