Clima, la sconfitta degli scettici del riscaldamento globale

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La misteriosa catena di eventi che portò alla fine dell’era glaciale è stata finalmente ricostruita. Potrebbe sembrare un’analisi confinata al passato remoto. Nel ripercorrerne le tappe i climatologi si sono invece ritrovati in uno specchio che riflette con una fedeltà  inaspettata il presente del nostro pianeta sempre più caldo. 
A sciogliere parte dei ghiacci che ricoprivano la Terra fra 20 e 10mila anni fa – spiegano i ricercatori di Harvard – fu un aumento dell’anidride carbonica nell’atmosfera. Nel giro di 7mila anni il gas serra passò da una concentrazione di 180 molecole per milione a 260. E una calotta artica che ricopriva metà  degli Usa si ritirò fino alle dimensioni che conosciamo oggi. Se si considera che nell’ultimo secolo la concentrazione di CO2 è passata da circa 300 parti per milione a 392, si comprende la ragione dell’allarme dei ricercatori guidati da Jeremy Shakun che hanno pubblicato su Nature la loro analisi. 
Lo studio ribalta uno degli argomenti usati dagli scettici del riscaldamento climatico. Fino a ieri si riteneva infatti che alla fine dell’era glaciale la temperatura del pianeta fosse salita, seguita solo in un secondo momento dall’aumento di anidride carbonica. La sequenza degli eventi escludeva che questo gas serra fosse responsabile del riscaldamento. Come per la fine dell’era glaciale, anche per l’oggi gli scettici chiedevano l’assoluzione della CO2 dall’accusa di arroventare il pianeta. E sul legame dato per scontato fra il gas serra e il mutamento climatico si erano concentrate le critiche al film di Al Gore “Una verità  scomoda”.
L’argomento viene completamente ribaltato da Shakun e i suoi colleghi, che con un lavoro da investigatori hanno messo insieme un numero senza precedenti di indizi sul clima del passato. La marcia in più della loro analisi sta nell’aver raccolto non solo campioni di ghiaccio dalle profondità  della calotta antartica, ma dall’aver esteso i loro carotaggi anche ad aree diverse del pianeta, dai fondali marini alla terraferma, sia nell’emisfero nord che in quello sud. Quel che è vero per l’Antartide (il riscaldamento ha preceduto l’aumento di CO2), non lo è affatto se consideriamo il pianeta nel suo complesso, dove il gas serra precede – e dunque con tutta probabilità  determina – l’aumento delle temperature. 
Il complicato meccanismo si innesca circa 17mila anni fa con un leggero spostamento della Terra dalla sua orbita (fenomeno noto agli astronomi). L’emisfero nord si ritrova maggiormente esposto ai raggi solari. La calotta artica inizia a squagliarsi e fa salire il livello dei mari di 10 metri. Le enormi masse di acqua fredda mandano in tilt la circolazione oceanica, con l’effetto complessivo di confinare il calore dei mari al polo sud. L’aumento della temperatura in Antartide fa restringere la superficie dei ghiacci, liberando nell’atmosfera le enormi quantità  di CO2 che erano rimaste sui fondali. 
La conclusione di Shakun sembra voler troncare una volta per tutte il dibattito: «Lo spostamento dell’orbita ha innescato il meccanismo, ma il nostro studio dimostra che la CO2 ha giocato il ruolo decisivo. Fra il suo aumento nell’atmosfera e l’aumento delle temperatura c’è una correlazione nettissima».


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