by Sergio Segio | 16 Aprile 2012 6:28
LUGANO – Un numero tatuato con il pennarello, sulla mano dei clandestini, per “sveltire” il loro rimpatrio in Svizzera. È successo, lo scorso 21 marzo, a Domodossola, ad una cinquantina di tunisini, entrati in Italia dalla Confederazione. «Erano le 3 di notte, gli avevamo ritirato il passaporto e dato, in cambio, un tagliando con un numero, però continuavano a perderlo, allora il numero glielo abbiamo scritto sulla mano», conferma serafico un funzionario della polizia di frontiera italiana. «Se non li avessimo rimandati in Svizzera entro le 8.30 della mattina, avremmo dovuto tenerli qui, in stazione, per tutto il giorno», aggiunge un po’ stupito che, oltreconfine, tanto in Svizzera che in Francia, da dove i clandestini provenivano, quel numero tatuato abbia sollevato un polverone, contribuendo ad evocare vecchi fantasmi della storia europea.
Del caso siè occupato nei giorni scorsi anche il quotidiano francese “Liberation”: quella procedura, ha sottolineato, «richiama momenti bui». In un primo tempo “Liberation” era convinto che, a utilizzare quel metodo maldestro, fosse stata la polizia transalpina. «Questi sistemi non ci appartengono, non intendiamo assolutamente passare per dei barbari», aveva nel frattempo respinto con sdegno l’accusa, il comandante delle guardie di frontiera francesi, Jean-Michel Comté. «Identificare delle persone con un numero è una pratica umiliante e vessatoria che viola l’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo», ha deplorato, dal c a n t o s u o , J e a n – P i e r r e Banderia, il gip della città di Nà®mes, cui è toccato occuparsi di alcuni dei clandestini, respinti a Domodossola. Fatto sta che, dopo la netta presa di distanza dei francesi, il settimanale elvetico “Matin Dimanche” è risalito fino a Domodossola, grazie anche alla testimonianza del tenente colonnello, Jean-Luc Boillat, delle guardie di confine elvetiche. «Abbiamo constatato dei numeri verdi e rossi, tatuati sulle mani dei tunisini, durante il loro tragitto in treno da Domodossola alla Svizzera», la testimonianza dell’ufficiale. «Sono stati i miei stessi uomini a segnalarmelo, però eravamo di fretta, i clandestini erano tanti e non abbiamo approfondito la questione», ha aggiunto Boillat. Secondo il quale i nordafricani si erano riversati in massa, in Italia, dalla Francia, dopo che si era sparsa la voce di un’imminente sanatoria. Alla fine, invece, niente visto, rimpatrio veloce con quel tatuaggio imbarazzante e la promessa che sarebbe bastato lavarsi le mani, per farlo sparire.
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