Chà¡vez Così si governa in 140 caratteri

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Approvare leggi, misure economiche, stanziamenti, condividere nuovi progetti, incalzare i ministri, spronare i militanti del partito, attaccare l’opposizione, decidere incarichi: insomma tutto il lavoro del presidente di uno Stato si può fare con cinguettii di 140 caratteri da una clinica in un altro paese? Secondo il caudillo venezuelano Hugo Chà¡vez assolutamente sì. Dal giugno dello scorso anno, quando si sottopose all’Avana al primo intervento chirurgico, Chà¡vez ha trascorso più tempo, fra operazioni e riabilitazioni, in ospedale a Cuba che nel palazzo presidenziale di Miraflores a Caracas. Un capo di Stato di “andata e ritorno” (ironizzano in Venezuela) che non ha mai ceduto il potere al suo vice – Elà­as Jaua – neppure durante l’anestesiae che, nel giro di dieci mesi, ha spesso approvato riforme legislative, aumenti salariali, crediti addizionali, partite di bilancio grazie a Twitter. Basta scorrere l’account personale del presidente venezuelano (@chavezcandanga) per rendersi conto della mole di decisioni, disposizioni, esortazioni, date da Chà¡vez nei 140 caratteri del social network da quando è costretto a combattere contro il tumore affidandosi alle cure dei medici cubani. Un sistema che irrita l’opposizione e condiziona la campagna elettorale per le presidenziali del 7 ottobre. Il candidato dell’opposizione, Henrique Capriles, stigmatizza: «Governare via Twitter è una presa in giro».

Ma la maggioranza dei venezuelani sembra disposta ancora una volta a concedere fiducia e credito al suo presidente che, dicono i sondaggi, sarà  rieletto senza incertezze per la quarta volta in tredici anni. Piuttosto – e nonostante Twitter su questo aspetto non c’è alcuna trasparenza – è il reale stato di salute del presidentea movimentare lo scenario. Chà¡vez, che all’Avana si sta sottoponendo a sessioni di radioterapia dopo un secondo intervento chirurgico, e i membri del suo governo continuano a rassicurare il paese affermando che il tumore “è stato estirpato”. Ma secondo altre fonti- come il giornalista Nelson Bocaranda, che ha gole profonde nel governo, e l’oncologo José Marquina – la situazione sarebbe molto più grave. La prima fuga di notizie risale ad alcuni mesi fa quando ai medici brasiliani dell’ospedale sirio-libanese di San Paolo vennero mostrate le cartelle cliniche del presidente venezuelano. Le metastasi avrebbero attaccato le ossa del femore e la speranza di vita di Chà¡vez non è superiore ai sei mesi. Lettura confermata da un episodio avvenuto prima dell’ultimo viaggio all’Avana quando nella sua città  natale, Barinas, il presidente ha partecipato ad una messa chiesta per lui dalla madre in occasione della Pasqua. In quell’occasione, sul sagrato e con la voce rotta dall’emozione, Chà¡vez ha implorato Gesù di “concedergli ancora vita”.

Molti osservatori credono che le prossime settimane saranno decisive. E se le condizioni del presidente dovessero aggravarsi gli scenari possibili sarebbero due: la nomina di un successore che affronti al posto di Chà¡vez la sfida elettorale o un putsch militare guidato da seguaci del presidente che rinvii il voto con il pretesto di evitare il caos.


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